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Nando (not) for president. Sfoglie di Margherita
Scrittura notturna dopo un derby vinto, non so se con merito. Ma non me ne entusiasmo affatto, perché davvero sento esaurirsi “la spinta propulsiva” del mio fanciullesco tifo nerazzurro. In fondo è come con gli amori che finiscono. Ci metti un sacco ad accettare il declino della passione, ogni tanto hai piccoli ritorni di fiamma. E a un certo punto, senza avere deciso nulla, senza un briciolo d’ansia, capisci che non te ne frega più niente. Cardiogramma piatto. Stop. Ecco, mi hanno tolto anche questo. Complimenti.
Non ho più neanche la presidenza della Margherita milanese. L’ho lasciata ieri dopo tre anni e mezzo. Tre anni belli ma che avrebbero logorato anche un coccodrillo. Con una quantità di fuoco amico e di manovre giornalistiche da lasciar di stucco.
Qui lo dico e qui lo confermo. Credo di essere stato l’unico caso di responsabile di partito costretto quasi ogni settimana a scoprire sulla stampa locale (anche quella di prestigio, che credete?!) che il responsabile aveva un altro nome. Insomma, l’unico caso in cui erano i giornali a decidere chi fosse il responsabile di un partito (come se il Corriere scrivesse: il segretario dei Ds Luciano Violante; oppure: la segretaria dei Ds Anna Finocchiaro). Chi ne conosce altri, di casi così, me li segnali. Comunque è stata una esperienza che valeva la pena. E il congresso è stato di buon livello. Ho ricevuto anche un saluto di commiato lungo e caldo, e questo mi ha fatto piacere (carne siamo…). Poi, giusto per non provare troppa nostalgia, ho risentito le solite litanie sull’attività in più che bisognerebbe fare a contatto con la gente da parte di chi non si è mai visto, manco a spararlo, a un gazebo o a un comizio. Solite litanie, ancora, sulla Margherita che dovrebbe aprirsi, specie ai giovani, da parte di chi mai si è fatto vedere nei luoghi dell’impegno civile in cui bazzicano i giovani. E nemmeno nei luoghi in cui io mi incontravo con centinaia di giovani. Eccetera eccetera. Ma che volete, così sono i partiti. C’è stato perfino un tipo che ha lamentato la chiusura della Margherita milanese: giuro che in tre anni e mezzo non l’avevo mai visto, al mattino neppure, è intervenuto al pomeriggio per dire la sua e se ne è andato. Ma dico, e questo sarebbe un partito poco ospitale? Alla fine ha vinto Arturo Bodini, un professore per bene, matematico, fratello dello scultore Floriano Bodini. Un ex popolare, laico. Auguri a lui. Io continuerò a lavorare per il partito democratico. Anzi, sto pensando di farci dentro una bella area di opinione legata ai temi dell’etica pubblica. Utilità assicurata, con i chiari di luna che vedo.
Continuano intanto le sorprese dei viaggi. Stamattina a Salsomaggiore una signora annuiva continuamente mentre parlavo. Poi ho capito perché. Era tutta roba di cuore. Era stata la dama di compagnia di mia nonna (che andava spesso a Salsomaggiore) per trent’anni. Ritrovo persone che vengono in più posti a sentirmi e mi costringono così (grazie) a non ripetermi. Oppure miei laureati. O amici dei tempi della Rete. Sorprese belle e sorprese amare. Se ne è andata Laura Dubini, brava giornalista di moda e di musica del Corriere. Un viso luminoso. Elegante e allegro. Lo stesso che la rendeva la più bella della scuola al ginnasio. Non le ho mai parlato, non perché mi mancasse il coraggio. Ma perché era impossibile immaginare anche solo di rivolgerle la parola. Chi arriva in quarta ginnasio ancora con i pantaloni corti deve sapere stare al proprio posto. A pensare che si vive fino a ottanta, a novant’anni, ma la più bella della scuola muore molto prima, viene un po’ di malinconia.Nando
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