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Il sabato del villaggio. Pensierini zingari
Sono le undici del mattino e ancora non ho letto i giornali. Stupendo. Con juicio, naturalmente. Ci sarà certo qualche notizia importante, così come qualche altra molto importante non ci sarà (la ritroverò sull’Internazionale tra una settimana o due). Ma non so che cosa un plotone di esternanti avrà detto ieri sui dico, sull’Afghanistan, sulla legge elettorale. E questo mi riempie di un’intima soddisfazione. Sono a San Benedetto, in mezzo a un tour che mi ha portato dall’Arci iperalternativo di Teneto di Gattatico (Reggio Emilia) agli studenti universitari cattolici riuniti a Montesilvano (Pescara). Dalla Scraps Orchestra mantovana che ha accompagnato le Ribelli al Fuori Orario reggiano (fantastico, andateci, tutto arredato con vagoni ferroviari di una volta e il treno -quello vero- che continua a scorrervi dietro la parete di vetro che vi sta alle spalle) agli interrogativi insistiti dei ragazzi di Comunione e liberazione che non vogliono la carta dei diritti e dei doveri degli studenti perché -spiegano- l’importante è la persona. Dico (dico…) la verità: questa contrapposizione tra la persona e la legge, meglio, tra la persona e una piccola Costituzione, non mi convince per niente. E’ vero che la legge non può sostituirsi alla formazione delle persone. Però l’aiuta, può aiutarla. E non vedo perché rinunciare a questa funzione ausiliaria. E in ogni caso dove la persona, il senso della sua dignità, non c’è o latita nelle istituzioni, non capisco perché non difendere dal cinismo e dall’arbitrio i più deboli. Non capisco perché dove talvolta c’è la jungla dei rapporti di forza non bisognerebbe tutelare chi -appunto- vorrebbe essere trattato da "persona". La legge e la persona… E’ vero, Antigone. E’ vero, talora l’etica porta a schierarsi contro la legge che la tua coscienza ritiene ingiusta. Ma purtroppo (ho ricordato ai ragazzi ciellini e agli altri giovani cattolici) anche la famiglia, il luogo dove l’amore naturale dovrebbe tenere lontani codici e cavilli, ha richiesto un apposito diritto. Infelice la famiglia che deve servirsene, certo. E tuttavia le famiglie infelici esistono. Ed esistono persone (persone, appunto) per le quali la famiglia è una sofferenza.
Ho pensato dunque una cosa mentre mi rifrullavo in mente queste riflessioni, mentre viaggiavo tra un luogo e l’altro, e ci aggiungevo un intelligentissimo convegno sui conservatori ("o" larga, sempre) emiliani, o un convegno molto bello dell’Accademia di belle arti di Firenze o una serata a Ripatransone, gioiello marchigiano. Ho pensato che questa storia dei politici che non conoscono la gente, la società, perché se ne stanno "chiusi nelle loro stanze", quasi quasi è una panzana. Anzi, è proprio una panzana di quelle toste. Perché vorrei sapere quale cittadino cambia continuamente ambiente come molti politici (non tutti, ma molti sì) fanno, parla con persone tanto diverse, ne sente i racconti in situazioni tanto diverse, socialmente e geograficamente. Ascoltando sfoghi, mangiando in posti improbabili, ridendo insieme, lasciandosi con un abbraccio che forse non si ripeterà. Questo non significa, lo so, provare sulla propria pelle la vita delle operaie tessili a settecento euro al mese. Ma questo, se me lo si passa, non lo provano neppure molti di quelli che dai giornali dalle loro convention professionali consumano la retorica quotidiana dell’antipolitica.
In ogni caso sono contento, oserei dire felice, per quel che è accaduto ieri sera al teatro di Ripatransone. Dove, alla fine dell’incontro, è successo un piccolo prodigio. Ci eravamo dati appuntamento lì con Emilia (venuta da Milano). Che si è messa per due ore in terza fila e alla fine mi ha detto che se non fosse perché do la precedenza alla politica mi ammirerebbe. Fantastico. Visto che la parte critica mi viene contestata ogni giorno, la parte positiva è rimasta sfolgorante e incontrastata. Nel frattempo piccola notizia mentre infuria la (sacrosanta) polemica sulle librerie diventate magazzini senza qualità: è uscita la seconda edizione delle Ribelli. Tra un po’ vado a Sant’Elpidio (sempre parte del nandotour). Stasera concerto di Juliette Greco. Che ancora canta. A ottant’anni. Proprio vero: ci vuole molto tempo per diventare giovani.
Nando
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