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A Diego Belliazzi, consigliere comunale a Napoli. LETTERA SUL PARTITO DEMOCRATICO
(la Repubblica ed. Napoli, la Margherita. E ora questo traguardo, al quale ci stiamo dando appuntamento in tanti. Massimo orizzonte possibile per quel popolo di centrosinistra che non ama le ideologie salvifiche, che non si riconosce (pur rispettandoli) nei grandi filoni politici dell’ottocento e del novecento. Che ha vivi il senso e il gusto della democrazia in un paese dove la democrazia è stata spesso sacrificata all’anticomunismo o al mito del socialismo o agli interessi “superiori” dei partiti. Per i democratici convinti, per quelli che io chiamo “i democratici e basta”, questa è davvero la grande occasione, lo sbocco possibile. E più aria nuova ci porteranno, più la renderanno “occasione” di cambiamento anziché conferma dell’esistente.
22 marzo 2007) – Caro Diego, il partito democratico, dici. Che cosa esprimerà, che sangue gli circolerà nelle vene, di quali domande si farà carico. Interrogativi legittimi. L’annuso anch’io la tendenza a ridurre tutto a operazione di alta cucina politica. E la temo. Anche perché il partito democratico è forse il punto di approdo finale, definitivo, del lungo cammino iniziato tra le paludi della Prima Repubblica, prima ancora che il vecchio sistema dei partiti venisse giù con le macerie di Tangentopoli. Dopo – almeno per i tempi che vedrò io – credo proprio che non ci sarà più nulla. Nessuna ulteriore idea di grande partito, intendo. Conosci il mio percorso. Prima il giovane movimento della Rete, poi l’Ulivo; e, dentro l’Ulivo, l’Asinello e poi
Vedi, Diego, dopo la sbornia delle false tessere della Margherita, nel partito democratico -di questo sono persuaso – conteranno quelli che ci saranno e nessuno farà mercato di carte d’identità avute chissà come. Forse si troveranno perfino dei modi per non fare votare i passanti. E dunque varrà la pena portarci quel pezzo d’Italia a cui fai riferimento tu e che io ho ben presente, per non dire che l’ho nel cuore. So bene chi sono i giovani di Polistena, chi sono i professionisti che non vedono l’ora di vivere sotto il segno del merito, chi sono le insegnanti impegnate a tirar su generazioni più consapevoli, chi sono i volontari della solidarietà. Ho in mente la multiformità di un popolo numeroso, al quale dovrà essere chiesto di prendersi la responsabilità di partecipare. Non per avere la luna. Ma sì per avere un buon partito. Pulito, responsabile, aperto, “caldo”. Vaccinato dall’idea di politica spietatamente messa in onda da Rai 3 nei suoi servizi sul centrosinistra calabrese. Tu accenni alle mie “Ribelli”. Non so se lo hai notato: nella scena che ho dedicato alla madre di Peppino Impastato ho voluto ricordare il messaggio che la mafia di don Tano Badalamenti fece arrivare un giorno a quella donna fiera: facesse anche il comunista, il suo Peppino, lì a Cinisi, ma non facesse l’antimafioso. Voleva la scissione tra morale e politica, la mafia, perché quella era la condizione della sua forza. Ed è esattamente questa la scissione che noi non vogliamo.
Caro Diego (e mentre dico così immagino di poter parlare anche a tanti altri giovani incontrati in questi anni), è passato molto tempo da quando ci siamo conosciuti nel cuore di un movimento entusiasta. Da allora, a centinaia, abbiamo fatto importanti esperienze istituzionali. E forse siamo cambiati. Ma non abbastanza da non continuare a desiderare che quelli che tu chiami i valori radicali abbiano in politica piena cittadinanza. Radicali… Io che dalla mia posizione di governo pratico il più convinto gradualismo… Fa perfino sorridere il solo pensare che la correttezza amministrativa, la responsabilità sociale, la legalità, ossia la “norma”, sia qualcosa di radicale…Ma questo dà anche il segno del cambiamento necessario, della forza culturale e civile, dell’intransigenza intelligente che il partito democratico dovrà esprimere, e prima ancora ospitare. Le buone battaglie sono solo quelle che si combattono. C’è nel paese una domanda ancora intatta di decenza, di serietà, di modernità dei costumi e dei principi. Esplose quando, a età differenti, entrammo in politica. Non se ne è andata. Oggi fa amaramente i conti con le dimissioni di Gherardo Colombo dalla magistratura. Noi abbiamo il dovere di rappresentarla.
Un caro saluto, Diego, Nando dalla Chiesa
Pavlov
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