Margherita. Non capisco e non mi adeguo

Allegria allegria, è finito da poche ore il congresso regionale lombardo della Margherita. Lo confesso: non capisco e non mi adeguo. Non capisco perché si voglia fare il partito democratico se non ci si crede, se si ha la testa sempre voltata ai Popolari, o alla Democrazia cristiana. Se si pensa che, ad andare verso il nuovo partito, ci sia solo il cattolicesimo sociale, il quale fra l’altro ha tante varianti, alcune assai belle e altre, invece, assai poco sociali (e perfino poco cattoliche…). Non capisco perché, ricordando le percentuali a cui erano piombati i popolari, si voglia continuare a coltivare quell’identità. Attenzione: non a portarsela biograficamente dentro, che è ovvio; ma a coltivarla, a farne il punto di identità collettiva di un intero partito, che era nato con altre ambizioni e altre intuizioni.

Non capisco perché, quando pure scatta la pazza idea che non vi sia solo il cattolicesimo sociale, il massimo di apertura consista nel fare l’elenco delle culture che dovrebbero ritrovarsi nel futuro partito democratico. Ritrovarsi, oh, non sia mai detto che si fondano insieme facendo nascere qualcosa di pericolosamente diverso…Ecco dunque l’elenco che ormai mi arriva fino alle orecchie: il cattolicesimo sociale, il riformismo liberale, e il liberalesimo repubblicano, e l’ambientalismo democratico (distinto da quello antidemocratico…),e il socialismo democratico. Ma che bell’elenco, quanto è edificante sapere che si uniranno, senza fondersi, tutte queste culture. Basta nominarle, elencarle, e uno non deve fare più nemmeno la fatica mentale di pensare quale sarà la cultura del partito democratico. Mi è venuto spontaneo, nel mio intervento, spiegare che il partito che vogliamo fondare non potrà essere un museo di storia contemporanea zeppo di “tradizioni politiche”.

Ohi ohi, avranno avuto ragione quelli che in questi anni, anche su questo blog, mi hanno chiesto che cosa ci faccia io nella Margherita? Un po’ sì, un po’ no. Sì, perché io con questa visione della politica futura non c’entro molto. No, perché il progetto della Margherita era un altro e comunque in questo partito ho sempre avuto la massima libertà.

E tuttavia oggi sono stato davvero messo a dura prova. E’ stato quando è passato di misura l’ordine del giorno firmato dal coordinatore regionale uscente e da quasi tutti i coordinatori provinciali (a proposito: complimenti vivissimi). Un ordine del giorno che prevede che nel partito prossimo venturo tutte le culture di origine dei convenuti possano organizzarsi autonomamente e ottenere finanziamenti. Ovvero: come mettersi insieme e coltivare alla stregua di fortini le proprie “identità”. Di più. In quell’ordine del giorno stava scritto anche che i futuri funzionari di partito dovessero pure loro essere divisi tra i partiti contraenti. La lottizzazione su prenotazione, insomma. Fantastico. Be’, non mi adeguo. Io e altri inventeremo qualcosa per arrivare al partito democratico senza questa zavorra mentale sulle spalle. Applaudita con urla da stadio, mentre il povero Roberto Zaccaria chiedeva la cosa più normale del mondo: votare l’ordine del giorno per parti separate, così da isolare le cose più indigeste. Che hanno vinto lo stesso. Di strettissima misura ma hanno vinto. Proibito adeguarsi. Come ho detto l’altra volta? Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo. Anni settanta, quinto piano azzurro del pensionato Bocconi. Facevo l’assistente… democratico.

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