Come ti attenziono l’arcivescovo

L’arcivescovo Bagnasco sotto scorta? A me sembra una misura esagerata, anche se capisco bene le preoccupazioni. Il clima è caldo (direi che ognuno ci mette del suo…) e bisogna che il presidente della Conferenza episcopale italiana veda tutelata non solo la propria persona ma anche la piena libertà di espressione cui ha diritto (che, detto sommessamente, non è facoltà di impartire comandi agli esponenti delle istituzioni laiche). Il dibattito che fa capolino dietro queste misure di sicurezza è maledettamente complicato. O meglio: evoca temi complicati. La fede e la politica. La libertà di parola e la libertà di ingerenza. E altri ancora.

Ma io, se devo essere sincero, sono rimasto colpito, folgorato, tramortito, atterrito, sconcertato, sconvolto, scombussolato, annichilito da un’altra cosa. Da un piccolo particolare. Uno di quei dettagli che dicono tutto di un paese, dello stato della sua cultura. Insomma, uno di quei dettagli in cui ritrovi o Dio o il diavolo. Ed è la comunicazione burocratica che la questura di Genova ha dato del fatto, si presume ai superiori del Ministero dell’Interno: Bagnasco, ha scritto (o firmato) il questore, è da oggi “persona attenzionata”. Proprio così. Persona attenzionata. Vedi, vedete? Lo stesso computer mentre scrivo questa baggianata me la sottolinea in rosso (mentre invece non mi sottolinea baggianata) proprio per dirmi: amico mio, ma che cavolo stai scrivendo? Ma dove l’hai beccato questo “attenzionata” (e riecco il rosso)? Ma in quale cavolo di brogliaccio hai scovato questo verbo e il suo participio passato se nel dizionario italiano non esistono neanche a pagarli a peso d’oro? Si ribella il computer e non dovrei ribellarmi io, che so di greco e di latino, che sono un essere pensante (mediamente pensante, lo so, non c’è bisogno di motteggiare) e che vivo come offesa alle mie carni, come un morettiano graffio al cuore questa incultura che trasuda dai linguaggi quotidiani? Ma dico: non ci sono corsi di italiano per le categorie professionali che devono passare la vita a scrivere rapporti, relazioni, cronache, appunti di servizio? Non si insegna a scrivere con dei bei corsi di educazione permanente a chi maneggia ogni giorno il dovere della scrittura? Sarebbe come avere degli ingegneri che non sanno far di conto o delle annunciatrici con la “s” di pezza. No, non ditemi che è colpa dell’università. Almeno in questo caso no. Una volta un bambino che a scuola avesse scritto di avere “attenzionato” una bambina sarebbe stato messo dietro la lavagna con un bel cappello a cono con su scritto “asino”. E avrebbe dovuto scrivere cinquanta volte sul suo quaderno a zigrinatura nera e orli rossi “il verbo attenzionare non esiste”. Ora chi lo scrive la passa liscia e va avanti nella vita. E ti sconcia l’italiano giornaliero. Ma stia ben sul chi vive. Perché noi lo abbiamo attenzionato. 

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