E Cirino Pomicino mi mise dietro la lavagna

E così Paolo Cirino Pomicino è andato all’assalto del sottoscritto. Lo ha fatto scrivendo al Corriere con toni e insinuazioni che non so francamente se il Corriere avrebbe pubblicato a parti invertite. Che è successo? E’ successo che in una breve intervista sul codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione antimafia avevo proposto che esso non venisse limitato alle candidature ai consigli comunali e provinciali. Ma venisse esteso anche alle candidature al parlamento. E avevo aggiunto che altrimenti si continuerà con l’andazzo dei pregiudicati infilati nella commissione antimafia, citando il recente caso di Cirino Pomicino, appunto, e di Alfredo Vito. Che ci volete fare, mi sono abituato a smorzare il più possibile i toni quando faccio polemiche. Ma l’uso del termine "pregiudicato" mi è venuto spontaneo di fronte all’enormità simbolica della presenza di quei due signori in Antimafia. Be’, l’esimio politico napoletano mi ha voluto rispondere al cubo. E si è prodotto in una serie di accuse. Ha detto che credo di essere un politico sol perché sono parlamentare. A parte che non sono parlamentare, mi fa piacere che Pomicino, con il suo metro, non mi consideri un "politico". E mi consideri, invece, un "predicatore" e un "quaquaraquà", ossia il peggio dell’umanità nella visione sciasciana del mondo. Meno piacere mi fa l’insinuazione che io abbia goduto, come lui, di finanziamenti illegali. Insinuazione fondata sul fatto che io non mi levai in piedi in parlamento quando Bettino Craxi, in segno di sfida, chiese di farlo a chi non avesse mai ricevuto soldi illegalmente. Pomicino riconduce l’episodio al luglio del ’92. Ma secondo me ricorda male. Il fatto accadde, a mia memoria, nell’aprile del ’93, quando Craxi si difese da cinque richieste di autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Quella volta nessuno dei miscredenti si alzò in piedi. Ma solo per una forma di rispettosa pietà nei confronti di un uomo (Craxi) che si sentiva come un animale braccato, non certo perché avessimo la coda di paglia. Vedete che cuore tenero che hanno i "savonarola" o "giustizialisti". E poi gli viene rovesciato addosso come segno di colpa…

Infine Pomicino mi sfida a firmare una sua interrogazione sui mafiosi messi sotto protezione nonostante i loro reati. Immagino ce l’abbia con i mafiosi "pentiti" (e lo capisco). Ma queste interrogazioni spacciate per atti decisivi mi hanno un po’ stancato. Tanto più che io, non essendo in parlamento, non posso firmare proprio niente. Pomicino chiude dichiarando, con riferimento a se stesso e alle ingiustizie che subisce, che in politica bisogna avere santa pazienza. A me pare che la santa (santissima) pazienza venga richiesta invece al paese nel suo complesso. Perché dopo avere visto ingigantire il proprio debito pubblico quando il "nostro" faceva -in quota andreottiana- il presidente della commissione Bilancio, ora l’Italia se lo deve anche vedere moraleggiare in parte di "vittima", mentre dichiara di non potere essere definito un "pregiudicato" perché dopo cinque anni dalla condanna si avrebbe diritto alla "riabilitazione". Mah, chissà che c’entra…Pregiudicato è chi ha riportato condanne penali. Che si ricordano o meno (o almeno: io ricordo o meno) in relazione all’arroganza o all’umiltà dell’interessato. Confido, in ogni caso, che sul Corriere sia pubblicata la mia replica.

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