La Cina è vicina

Magnifici gli amici blogghisti! Ormai, nelle more dei miei scritti, entrano e dettano l’agenda. E giustamente pongono il problema della rivolta dei cinesi di via Sarpi a Milano. Sulla quale qualcosa da dire ce l’avrei. Ed è che sono anni, almeno dieci, che questo centrodestra della tolleranza zero ha invece tollerato, e alla grande. Dieci anni che hanno consentito che in quel quartiere si formasse quasi una cittadella dell’illegalità. Piccola se volete (però sono apparse anche le Triadi…), ma diffusa e capace di fare sbiadire anche le nuove buone energie. Così è andata. Un occhio o tutti e due chiusi su assenza di condizioni igieniche, su occupazione permanente dei marciapiedi, su misteri anagrafici; con l’associazione Vivisarpi, a prevalente orientamento progressista, che chiedeva controlli, vivibilità, normalità della convivenza. Niente, invece. Sempre dàgli al marocchino, all’albanese, al romeno. Ma sulla comunità cinese, fatta di brava e e meno brava gente, silenzio. I cittadini del posto lamentavano di non vedere vigili. Ho avuto qualche incontro con loro. Sono andato a fare comizi lì per le amministrative. Sembrava tutto inutile. Poi i vigili si sono materializzati, forse in modo così improvviso e sistematico da apparire persecutori. E può darsi che abbiano  commesso qualche eccesso. Sarebbe bastato agire prima, non lasciare marcire il problema, affermare il rispetto delle regole quando ancora c’erano i piccoli numeri.

Ma dice la voce comune che a lungo il commercio all’ingrosso cinese si sia fatto largo, in realtà, anche a furia di favori e di mazzette. Davanti a casa mia, che sta in un altro quartiere, un laboratorio cinese che è ermeticamente chiuso a ogni sguardo pubblico ebbe, se ben ricordo, in un solo giorno due (dico due!) posti riservati per portatori di handicap da una parte e dall’altra del suo passo carraio. Giuro: mai visti disabili salire o scendere da auto lì di fronte. Poi ne è stato soppresso uno, di quei posti;  e poi pure l’altro. Disabili farlocchi, insomma. Ma come fecero? A chi si rivolsero? Con quali amicizie, visto che sembrano vivere nella clandestinità? E poi, altra domanda: davvero le autorità pubbliche non possono fare niente per salvare i negozi storici? per non fare stritolare nella corsa agli affitti alle stelle ogni pezzo di buona storia cittadina, a vantaggio di chi di soldi ne ha tanti, e poi tanti  -e non è affatto detto che faccia del bene ai luoghi in cui li porta? Ora i buoi sono scappati dalla stalla. E il rischio, come sempre, è di puntare sulla repressione che genera ribellione e dunque altra repressione; e via ancora, in una spirale difficile da gestire, alla parigina. Da evitare assolutamente, se si è capaci.

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