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Festeggiamenti nerazzurri. Con juicio…
Eggià… Voi avreste voluto trovare uno o due post sullo scudetto dell’Inter per prendermi in giro sull’ultima Coppa dei campioni vinta con la tivù in bianco e nero ecc.ecc. Non vi ho dato la soddisfazione. In verità perché neanch’io ho provato la soddisfazione che avrei immaginato, specie dopo l’indimenticabile dolore (? ma sì, dolore…) del 5 maggio 2002 o la rabbia dello scudetto rubato del ’98. Lo sapevo, me lo sentivo. Moggi ha lavorato contro tutti noi. E con i suoi sistemi è riuscito a lavorarci l’anima di tifosi esattamente come un filo di acqua inquinata si lavora il sasso. E poi, se devo dirla tutta, non ero preparato ai festeggiamenti. Chi poteva mai pensare che dopo due pareggi e una sconfitta interna ci sbottava lo scudetto come niente? Nemmeno il grande Massimo (Moratti) lo avrebbe creduto.
E quindi mi ero prenotato una serata di impegno indefesso con Lillo e Jimmy alla Melampo: testa bassa e pedalare (con gli occhi sui fogli). In ogni caso: bene, viva, in alto i cuori, uno scudetto non conquistato con le schede telefoniche comprate in Svizzera. E lode al nero inchiostro della notte mescolato con il blu tirrenico, combinazione bella e poetica quant’altre mai. E onore al Marco Materazzi guerriero civilizzato. Che lo scudetto lo responsabilizzi vieppiù, come il mondiale, e lo allontani per sempre dal ruolo del falciatore pazzo (e insopportabile anche da un tifoso).
Certo, amici miei, che se penso a tutto quello che è accaduto nel mondo o solo a me dall’anno dell’ultimo scudetto, mi vengono i brividi. Diciotto anni son lunghi da passare. E brevissimi da riempire. Allora, lo ricordo bene, ero intento a chiudere in redazione un numero di “Società civile” nella storica sede di via Cristoforo Colombo. Raffaella, la grafica, quando mi vide saltare e urlare in quel modo dopo il gol di Matthaeus su punizione sgranò gli occhi. Non mi faceva capace di quei fescennini. E invece lo ero. Ora, ho capito, non più.
Nando
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