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Buon 25 aprile. E vi dico che cosa è per me…
Buon 25 aprile a tutti. Festa, festa, e poi ancora festa. Della storia e dell’animo. Certo non imparai ad amarla da ragazzo, questa data. E forse nemmeno nel movimento studentesco sesssantottino, che me ne diede coscienza, ma solo da un punto di vista politico e ideologico. Mentre il 25 aprile è data che rovista nei valori, che fruga nella morale, nell’essere "uomini o no". Intellettualmente ho imparato a capirla, questa data, un po’ tardi. Forse addirittura nell’ultima legislatura, quando ho scoperto un rapporto nuovo, profondissimo, con la nostra Costituzione. Che, di fronte al tentativo di fare sbocciare il regime di B., mi apparve -come mai prima- costruzione grandiosa, frutto dell’esperienza e della lungimiranza straordinaria di chi sapeva che il popolo può anche attraverso libere elezioni mandare al potere un dittatore; il quale non ha il diritto di essere tale nemmeno se ha vinto, appunto, le elezioni.
Ma questo fa parte della comprensione intellettuale. Ciò che mi ha portato a vedere umanamente il 25 aprile come la più grande delle feste è invece il confronto diretto con un nemico giurato della democrazia: la mafia. Quando uccisero mio padre scoprii grandi affinità di sentimenti con gli ex partigiani, i quali mi accolsero come uno della loro famiglia. Spesso, quando mi invitavano ai dibattiti, mi raccontavano le loro vicende familiari: i mariti, i figli, i padri uccisi, portati via senza pietà, mai più visti o impiccati davanti agli occhi. E poi quella parola urlata e ritmata, Resistenza, che venne su d’improvviso dalla folla tenuta lontana con i cani lupo dalla cattedrale di Palermo, il pomeriggio dei funerali della scorta di Borsellino. Per me il 25 aprile è questo, uomini e no.
Perciò vi dico che l’ho vissuto in anteprima lunedì pomeriggio in Campidoglio, dove Valter Veltroni ha ricordato Pio la Torre nei 25 anni del sua assassinio (che cadranno in realtà lunedì prossimo). Valter è stato bravissimo. C’era Giuseppina, la moglie di Pio, con gli occhi scuri fulgidi e fieri come allora. E c’erano i figli Franco e Filippo. Sono rimasto di stucco nello scoprire che La Torre quando fu ucciso era più giovane di me. Santo cielo, come cambia il senso di tutto in funzione del tempo che passa e che mette ordine nelle nostre geometrie… Ieri sera, invece, sempre per celebrare il 25 aprile, sono andato a presentare le Ribelli a Bùssero, cittadina amena e colta fuori Milano, dove i cosiddetti "costi della politica" sono esemplari: 12 euro 12 come gettone di presenza per i consiglieri comunali! Mi avevano invitato Michele e Silvana, vecchi amici del pensionato Bocconi (e ridài…). Allora leader veri, poi sposi e generosi (e modesti) protagonisti della politica locale. Devo confessarlo: mi commuovo quando vedo questi personaggi che danno tanto senza chiedere nulla. Tutti e due potrebbero stare tranquillamente in parlamento ma non brigano, non si lamentano, non stanno con i progetti politici in funzione di quello che c’è per loro. C’era in contemporanea Manchester-Milan e inutilmente avevo chiesto di rinviare (la mia presentazione, non la partita). Finché mi ero rassegnato a praticare il noto "metodo Springsteen". Anche se non c’è nessuno do il massimo. Be’, la sala era piena. Ed era piena piazza Duomo oggi. Fischi alla Moratti che parlava – tesa, emozionata – della Resistenza. Capisco la tentazione. Però sono d’accordo con Bertinotti, che sul palco friggeva per quei fischi lanciati senza che nessuno dicesse una parola per arginarli: non si può deprecare che il sindaco non venga il 25 aprile e poi fischiarlo quando viene… Viva dunque il 25 aprile, la festa di chi crede nella democrazia, la festa di chi ha scelto di stare dalla parte degli uomini.
Nando
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