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Sapienza. Il “ponte” del docente
Ultimora dalla nostra università. Ha telefonato un’ora fa un amico di mia figlia. Per dirle furibondo che era rimasto a Roma per il ponte perché aveva una lezione alla Sapienza stamattina. E che, come avrete già capito, stamattina il professore non si è presentato. Senza mandare un messaggio e senza avere avvertito l’ultima volta a lezione. Senza neanche dire la scorsa settimana: "Ragazzi, visto che c’è il ponte e che un po’ di voi probabilmente non verranno, forse parto o mi riposo. Se lo faccio, lo trovate sul mio sito". Nulla. Non succede il terremoto, intendiamoci. Ma io mi chiedo alcune cose. Anzitutto mi chiedo perché mai dei ragazzi (attenzione: mi rifiuto di usare il troppo riduttivo "degli studenti che pagano le tasse") debbano essere trattati con questa mancanza di rispetto. Forse non gli avrebbe fatto piacere anche a loro godersi un’infilata di quattro giorni di vacanza? O a qualcuno non avrebbe fatto piacere tornare a casa? O non avrebbe fatto piacere ai loro genitori? Poi mi chiedo come sarà intervenuto questo professore ai tempi dell’infuocato dibattito sulla Finanziaria. Che avrà mai detto sulla funzione insostituibile dell’università, sui diritti delle future generazioni, sugli investimenti nel sapere? Che avrà detto sulla ricerca e sulla scarsa attenzione che il nostro paese ha per la qualità dei suoi atenei? Infine mi domando che cosa dirà della Carta dei diritti e dei doveri dello studente che stiamo scrivendo. Inveirà contro lo spirito sessantottino, parlerà di studenti che vogliono solo diritti, se la prenderà con il vuoto di potere, farà filippiche contro "questa demagogia"? Lo so, mentre mi pongo queste domande migliaia di docenti e ricercatori saranno, alla faccia del "ponte", sui loro libri e sulle loro scrivanie. Intenti a preparare le lezioni della settimana o a lavorare su una ricerca di cui discuteranno con i loro allievi appena possibile. Però: quanti episodi così accadono ogni giorno?
Nando
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