Torino. Le biblioteche della meraviglia

Ho avuto la fortuna, direi la felicità, di fare un dibattito l’altra sera in una biblioteca di Torino. Organizzato dal coordinamento delle biblioteche civiche cittadine, invitato dalla responsabile delle attività culturali, Patrizia Zanetti. E già il fatto che le biblioteche civiche abbiano un loro coordinamento, e sviluppino addirittura una loro strategia comune di promozione della cultura mi sembra una grande e rarissima cosa. Ma quando poi sono entrato nella biblioteca che ci ospitava sono davvero rimasto a bocca aperta. E’ dedicata a Primo Levi, perché ogni biblioteca civica torinese è intitolata a qualcuno (Pavese, Moravia, ecc), il che già di per sé stabilisce un rapporto personalizzato – e dunque più bello – tra il lettore e la fatica dello scrivere. Due grandi piani ariosi, ricavati da una vecchia fabbrica di pneumatici (la Ceat, ricordate?). Libri e libri e libri senza fine, da guardare e toccare e prendere senza dovere fare una scheda e attendere mezz’ora. Spazi di gioco per i bambini perché un genitore possa andarci con il pargoletto. Pare che il sabato sia pieno di genitori in coppia, ma anche separati. Pare che anzi per questi ultimi la biblioteca sia un ottimo rifugio, quando hanno in turno la cura dei figli. Perché ci sono sale enormi di editoria per l’infanzia e sale musica. E pare che la biblioteca sia un ottimo rifugio per pensionati, che vanno lì a leggersi il giornale e si impuntano se il loro quotidiano arriva con dieci minuti di ritardo. E anche ottimo rifugio per gli immigrati. Perché ci sono molti libri in lingua, ma soprattutto perché – dicono gli interessati – un corso di lingua finisce mentre qui ci si può stare sempre, e gratis. Il coordinatore del sistema, il dottor Messina, un gentile e colto signore con lo zainetto in spalla, mi ha spiegato che lui capì il ruolo che potevano svolgere le biblioteche veso gli immigrati molti anni fa a Parigi vedendo uscire un’intera famiglia di colore da non so quale struttura. Questa meraviglia torinese, che credo abbia in Italia qualche possibile termine di paragone solo con esperienze emiliane e toscane, partì con Diego Novelli sindaco. Lui presenziava al dibattito, e mi ha colpito vedere come tutti glielo riconoscessero. La nascita delle biblioteche civiche nei quartieri, la loro istituzione anche dentro le carceri della città, alle Vallette e a Ferrante Aporti. Be’, le giunte di sinistra non sono state inutili.

Il radicamento nel quartiere, d’altronde, l’ho visto nella folla presente; e nella varietà, anche anagrafica, della sua composizione. Chi, come alfa10, mi chiede di segnalare in questo Blog la cose belle che ci sono nel nostro paese, prenda lietamente nota. E, se posso osare, prenda nota che don Ciotti, che c’era e ha parlato e ha raccontato, dobbiamo imparare a vederlo come un nostro don Milani.  Purtroppo la quotidianità non ci aiuta a capire la grandezza delle persone. Credo che nemmeno i ragazzi di Barbiana allora capissero. Ma noi dovremmo capire. E ci darebbe più senso, ancora più senso, l’incontrare don Luigi e il sentirlo parlare nella nostra normalità. Tanto per cambiare, anche lui è tra quelli che hanno brigato perché la vecchia fabbrica diventasse biblioteca delle meraviglie. Diavolo d’un prete.

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