Artisti e amici. Sulle rive dell’Adda

Massimo De Vita ha fatto cinquant’anni di teatro. Sono andato a trovarlo sabato sera al Teatro Officina nella periferia milanese, mentre festeggiava la ricorrenza con uno spettacolo intenso e falsamente assurdo (i famosi falsi magri di Obelix…). Lo affiancavano un giovane, mio ex allievo di Scienze politiche che dopo la laurea prese la strada del teatro, e un giovanissimo talento sedicenne, un autentico prodigio di nome Stefano di cui credo sentiremo parlare molto presto. Massimo è stato generoso, ma di un cuore grande così, con me e con tutti i movimenti di sinistra. Ha recitato una vita, ha recitato bene, con un gusto e una dignità dell’arte pari all’umiltà dei luoghi che ha praticato. Mi ha conquistato, affascinato, vederlo lì nel suo piccolo teatro con le poltrone in legno ereditate da qualche parrocchia, con i divani da tinello accostati alle pareti per accogliere sei o sette spettatori in più, in fondo a un cortile tra alcune delle più belle case popolari cittadine. Settant’anni ben spesi. E rughe che stillano sapienza e parlano di mille sfide difficili. Auguri, folletto che non ti stanchi e che nulla chiedi se non di continuare a recitare.

Auguri anche a chi riesce a godersi la natura. Io non ci sono più abituato (unica eccezione: Stromboli), sicché l’invito giunto ieri dalla mia amica Laura ad andare a trovarla nella sua casa in riva all’Adda mi ha procurato una strana piacevolezza. Laura era una studentessa di legge ai tempi di Società Civile. Impegnata e generosa. Poi decise di fare l’avvocato. Si mise a farlo piena di buoni ideali, che realizzò aiutando le donne maltrattate. Scelse anche di andare ad abitare con marito e figli vicino a Milano, in campagna, sulla riva dell’Adda. Ieri ci ha invitato insieme con Carlo Smuraglia, che la prese in studio dopo la laurea, e sua moglie Chicca, anche lei avvocato. Ebbene sì, lo confesso volentieri: certe combinazioni umane e ambientali sono irripetibili e bellissime. Carlo Smuraglia, l’avvocato che mai ha accettato di difendere mafiosi, corrotti e corruttori. La moglie, integra come lui. Laura che è diventata un avvocatessa affermata e ha gli stessi valori di allora. La passeggiata con loro e con Emilia lungo l’Adda mentre il vento faceva sussurrare le foglie è stata bellissima.

Anche se Carlo mi diceva che non è più disposto a stare in un partito perché in un partito bisogna sentirsi in casa e non fra estranei; e lui, ex comunista, non si sente in casa più da nessuna parte. Anche se Laura mi diceva che il parco dell’Adda è abbandonato e senza controlli e che, se le guardie forestali arrivano, i teppisti le riempiono di botte. Anche se un paio di motociclisti giunti di corsa sul sentiero hanno dato il senso, anche davanti a quelle acque verdi, dell’illegalità che si erige a sistema. Anche se tutto questo ho visto e sentito, ho capito che la natura appena fuori Milano mi stava regalando qualcosa di meraviglioso. Un dibattito, un solo dibattito in meno e si vede tutto con un altro occhio. Ogni tanto ho il dubbio che la vita potrebbe essere molto diversa. Ma senza dibattiti, senza pubblico impegno, non avrei mai conosciuto né Laura né Smuraglia né Chicca né tante altre bellissime persone. Senza le quali l’Adda o un mare o una città non sarebbero la stessa cosa…

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