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Dilemmi mantovani. I muri e i sorrisi
"Io le persone che non sanno pensare ai fatti loro non le sopporto. Non sopporto chi crede di dovermi dire che cosa è giusto e che cosa è ingiusto. Non sopporto i vecchi che pensano e parlano solo di quando erano giovani loro, che allora la vita era più semplice. Non sopporto i giovani che si baciano in tram per esibire i loro sentimenti, ammesso naturalmente che siano sentimenti. Non sopporto chi ti invita alle cene di beneficenza per questa o quella causa, che poi chissà a chi vanno i soldi. Non tollero quelli che al semaforo non ripartono subito quando scatta il verde, come se tutti dovessero adattarsi ai loro tempi da sfaccendati. Non mi piacciono quelli che ti raccontano i loro guai d’amore, come se tu dovessi fare il loro assistente sociale. Non sopporto quelli che ti rovesciano addosso la loro disperazione per il figlio che si droga, in fondo ognuno è responsabile delle sue fortune. Mi vengono i nervi quando vedo in televisione i familiari delle vittime del terrorismo o della mafia, che sembrano gli unici che hanno subito una disgrazia nella vita.
Mi arrabbio quando ai matrimoni vedo quelle orribili scene provinciali del riso lanciato sulla sposa, mi irrita quella felicità di cartone, lo sanno tutti che nel giro di dieci anni ogni matrimonio diventa una grigia convivenza. Non sopporto le coppie che amoreggiano sulla spiaggia, sarebbe molto più decoroso se se ne andassero in un motel. Non mi piacciono i ragazzi che leggono i romanzi e vanno al cinema, dovrebbero pensare di più a studiare, a sapere le materie che servono davvero. Non sopporto le nigeriane quando prendo il treno da Torino e si mettono pure a ridere tra loro e mangiano come se fossero a casa loro.Non sopporto i musulmani che pregano chini per terra. Lo facciano pure al loro paese, qui abbiamo altre usanze, per fortuna.
Non tollero le signore che alla stazione ti chiedono di aiutarle con la valigia; se non possono portarla pesante, ci mettano meno roba e meno vestiti, vanitose che non sono altro. E poi non sopporto i parenti che vanno a trovare i malati in ospedale. Quello è un posto di ordine e di silenzio, mica di chiasso e di risate. Non sopporto chi prende al volo l’ascensore quando vede che c’è già dentro in santa pace qualcun altro, che magari non lo conosce nemmeno. Non sopporto gli uomini, in fondo, perché ti tradiscono sempre; molto meglio gli animali, che gli manca solo la parola.
Non sopporto le usanze di mescolarsi, di parlarsi a caso, di salutarsi solo per abitudine. E nemmeno quelle di gioire per futili cose, come bambini poco intelligenti, o di fare fioretti, come contadini superstiziosi. No, non equivocate. Io rispetto tutti. Lo so che gli uomini sono tutti uguali; ognuno è libero di fare, di dire, di ragionare come meglio crede. Ma anch’io sono libero di approvare e disapprovare, di condividere e di rifiutare. E non è colpa mia se disapprovo e rifiuto tutto ciò che è vanità, stupidità, tradizione, superficialità, piccolezza di mente o debolezza d’animo. Non siamo nati per fare gli assistenti sociali. Quello è un mestiere. E va fatto con professionalità, mica per buonismo, che poi c’è sempre dietro una ricerca di gratificazione morale, e quindi – alla fine – sempre un moto di egoismo. E poi, scusate, perché mai dovrei essere generoso, aperto, comprensivo verso gli altri? Forse che qualcuno, a me, mi fa mai un sorriso? "
E ora ecco il dilemma: nessuno fa un sorriso a questo signore perché è così, o questo signore è così perché nessuno gli fa un sorriso? (il pubblico di Mantova si è schierato a larga maggioranza per la prima ipotesi. Rifletterci…)
Nando
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