Politica. Buone news per il Piddì

Be’, dopo il magone del post precedente voglio tirarvi un po’ su. E dirvi che ieri pomeriggio sono stato al teatro Quirino a Roma. Quivi (quivi…) si erano dati convegno -un po’ semiclandestinamente- alcune centinaia di futuri democratici, nel senso di potenziali militanti del Partito democratico che verrà. C’erano in platea Prodi e Veltroni. E sul palco, in mezzo a una quindicina di sconosciuti cittadini di buona volontà, i tre ministri Parisi, Melandri e Santagata. Che rispondevano alle domande a raffica dei presenti, tenuti a bada da un eroico Patrizio Roversi. Devo affermare ufficialmente una cosa: è stata la prima, ma proprio la prima volta che ho respirato aria di partito democratico; del partito democratico che voglio io, intendo dire. E ne ho viste, di “volte”, in questo anno. Ne ho viste di gallerie di personaggi senza una cicatrice in faccia (ossia senza una battaglia alle spalle) spiegare come sarà bello il nuovo partito, che naturalmente non deve essere un “nuovo partito” ma un “partito nuovo”. Ne ho sentiti e visti di personaggi senza qualità spiegare, alzando debitamente la voce, che sarà una cosa entusiasmante, un progetto affascinante. E ne ho piene le tasche, del suono delle monete false.

Ieri è stato bello. Ero diffidente ma è stato bello. Primo perché non c’è stata la galleria degli aspiranti uomini da organigramma, otto minuti a testa, interventi programmati con il manuale Cencelli alla mano. Poi perché almeno la metà del tempo è stata dedicata a far fare le domande dal pubblico presente. E infine per quel che ho sentito dalle persone che hanno più responsabilità. Da Veltroni, venuto ad aprire e salutare nella sua veste di “sindaco”, ma in realtà ben compreso del valore politico del pomeriggio. Di Arturo Parisi che nel cuor mi sta, che ha detto una verità profonda: di parole non ce ne sono più, le abbiamo consumate tutte, ora bisogna onorarle (detto da un sardo ha ancora più senso); i partiti invece di annunciare la democrazia futura la devono praticare, mostrando nella loro vita interna che tipo di società hanno in mente. Romanino invece ha lanciato definitivamente, come già Parisi, l’idea che il 14 di ottobre si voti l’assemblea costituente del partito su liste “per progetto”, basta con i listoni-minestrone, e che nessuno abbia il posto garantito. Quanto ai "giovani", basta che non siano i delfini designati dai vecchi, senza avere conquistato alcun merito sul campo. Musica, musica.

Non se ne può più di non votare mai. Dico di più: secondo me bisognerebbe votare le persone dentro le liste su un unico collegio nazionale, così nell’assemblea ci vanno quelli che rappresentano di più il paese nel suo insieme, se no torniamo ai collegi sicuri. E in ogni caso questo fatto che un po’ di Ds e un po’ di Margheriti e un po’ di “associazionisti” o cittadini singoli si siano trovati intorno alla stessa idea di partito mi conforta, anzi mi piace da morire. Quando sentivo parlare di chi sarà il candidato di questo o quel partito, tremavo. Ecco, ora sì che la palla è al centro. Ora sì mi sembra di potere iniziare a giocare la partita che volevo giocare. E avrò un po’ più  voglia di fronteggiare pure le gratuite difficoltà del governare…

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