Politica e governo. Magone a denti stretti

Anzitutto chiedo scusa per il lungo silenzio. E’ affondata una “periferica” del portatile. E ora ecco quello che avevo cercato di scrivere l’altro ieri.


Chiede qualche blogghista che cosa si prova a stare in un governo che attraversa queste intemperie. E si capisce che vorrebbe dire “in un governo che cammina come un acrobata su una corda”. Premesso che ci sono anche i bravi acrobati, quelli che da una corda non cadrebbero mai giù, aggiungo che io l’acrobata non vorrei farlo. Che cerco di fare il possibile per dare al paese (piccole) cose buone sperando che intorno abbiamo tutti lo stesso obiettivo. Certe volte mi metto alla scrivania immaginando che tutto proceda per il meglio, per avere la certezza di non buttare via tempo. Faccio “come se”. Io lo so che occorre il rigore, che il governo di B. ci ha lasciato in una situazione di pre-bancarotta, che solo a guardarci dentro – dentro le cifre, dentro i comportamenti, voglio dire – viene un senso di vertigine. E mi conto le cose da fare, le buone idee (vi raccomando questa: prendete uno studente in casa, rivolto agli anziani; un bell’abbraccio tra generazioni: affitti simbolici contro sicurezza in casa, un po’ di calore umano e qualche servizio). Poi vedo le dichiarazioni di guerra, gli organigrammi che si riformano ogni settimana, a ridosso di qualunque idea politica, perché non si può più parlare di nulla, non si può più tracciare un’alleanza sulle cose senza che ci si disegnino su organigrammi. Siamo a un’implosione da narcisismo; se non si cambia saremo le vittime sacrificali del regime mediatico, che i nostri avversari hanno creato per distruggerci, senza saperlo. Siamo a un’entropia folle, dove i ministeri ci mettono del loro, tra vanità e ricerche di onnipotenza interne, per impedire che si facciano bene e presto anche le cose che non costerebbero niente, che richiedono solo buon senso e onesta dedizione alla cosa pubblica, né risorse che non ci sono né colpi di genio (che ogni tanto potrebbero esserci). Mi sento in un consesso, quello politico-partitico, dove manca il senso della realtà e si presume di avere scoperto l’elisir dell’impunità e dell’eternità mentre invece si va a fondo. Pareto. Già, ricordate Vilfredo Pareto, conservatore reazionario dal lucido pensiero? La storia è un cimitero di aristocrazie, diceva: morte tutte della loro presunzione e della loro indisponibilità a fare circolare al proprio interno sangue nuovo. Vedo vecchi vecchi e giovani ugualmente vecchi. Come diceva una celebre vignetta di “Cuore” a proposito di Martelli, “l’importante è essere vecchi dentro”.

Così mi sento, cari amici blogghisti. Così sto vivendo la festa della Repubblica e così ho vissuto stasera il ricevimento al Quirinale e il bellissimo, struggente tramonto che ho visto dalle terrazze del Colle. Proviamo ancora, però. Facciamo “come se”. In fondo si possono ancora fare molte cose buone. Nonostante tutto…

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