Festa a Salsomaggiore, ma senza miss

(l’Unità, 19 giugno 2007) – Quando è arrivata Dacia Maraini, lo spazio davanti al grande e suggestivo gazebo era già tutto riempito. Sotto un sole ancora caldo centinaia di persone, tra cui molti anziani, si erano assiepate ad aspettare la scrittrice come per una  festa. Con il risultato che un quarto d’ora prima dell’inizio, fissato per le 18, non c’era più un posto a sedere libero. E che in molti, donne soprattutto, si sono dovuti accoccolare sul muretto del corso o addirittura sul palco dietro l’ospite, intervistata da Lucia Vasini. Forse non ci crederete ma è accaduto a Salsomaggiore. Sì, nella capitale storica di Miss Italia, massimo luogo di convegno di ragazze slanciate e croccanti di giovinezza.  Ma che quest’anno ha scelto di provare, tre mesi prima della grande kermesse televisiva, la strada di una rassegna di tipo completamente diverso. Dieci giorni di rassegna letteraria, musicale, culturale. Con le donne sempre protagoniste. Ovviamente in ben altro spirito. “Donne… maneggiare con cura”, si chiama la rassegna, che ha avuto il patrocinio dell’Unione Europea in contemporanea con l’anno delle pari opportunità.
Bisognava vederli gli anziani, in quel tardo pomeriggio. Lasciate le cure termali che li porta a Salso, consumata la pennichella pomeridiana, fissavano la scrittrice con curiosità, con intensa attenzione, perfino con commozione nei passaggi in cui lei rievocava alcuni capitoli della sua vita, dalla detenzione familiare nel campo di concentramento giapponese, all’amore per il padre alla morte di Pasolini. (leggi tutto)

Anche signore con l’aria di non essere grandi lettrici si beavano del suo racconto, delle sue parole o delle geniali interpretazioni della Vasini di alcuni passi del suo ultimo libro, “Il gioco dell’universo”, scritto con il padre Fosco.
Merito grande della Maraini e della sua fama, certo. Ma il radunarsi degli anziani intorno agli eventi della rassegna si è ripetuto. Davanti alla interpretazione straordinariamente ironica della “Vedova allegra” del conservatorio di Monopoli come davanti ai racconti e ai pensieri di sport di Novella Calligaris o alle poesie di Pamela Villoresi o al teatro al femminile di Lidia Ravera o alle tante esibizioni musicali di giovani e giovanissimi, si trattasse di flauto o violoncello o pianoforte. Anche sfidando la pioggia battente di tre giorni di fila, e cercando i singoli eventi in sale chiuse. Per chi ama cercare i segni dei tempi nella piccola realtà quotidiana, è stata una scoperta. Che dovrebbe pur suggerire qualcosa a chi tenta di ripercorrere abitudini e preferenze di una popolazione che, così dicono i dati statistici, è la principale destinataria degli spettacoli passatempo televisivi, compresi quelli di qualità più dubbia. E ugualmente qualcosa dovrebbe dire a chi lamenta che si sia persa la trama per parlare il linguaggio della buona cultura con le generazioni più anziane e meno istruite. Davvero gli anziani vogliono solo roba a buon mercato? Merce poco impegnativa, anzi decisamente di basso livello perché – per riprendere la celebre espressione del Gran Padrone delle tivù private – il pubblico televisivo è come un bambino di undici anni “nemmeno troppo intelligente”?

A Salsomaggiore si sta dicendo che non è così. E, forse perfino al di là delle intenzioni degli organizzatori, si sta manifestando un fatto di grande interesse. Perciò il successo della rassegna non si esaurisce in se stesso. Va oltre, parla più dei numeri. Perché non può essere messo sullo stesso piano dei successi mietuti dai vari (e più grandi, e più famosi) festival della scienza, della letteratura, della filosofia o della musica, in cui il pubblico di riferimento è altamente informato, mobile, giovane o di età centrale, abbastanza benestante e comunque con un grado di istruzione mediamente elevato. Qui il pubblico è in gran parte anziano, non si sposta volentieri, trascorre lentamente le sue giornate passeggiando e spesso misura anche il singolo euro (significativo il formarsi di zone franche gratuite nelle sere degli spettacoli musicali, quando la piazza viene riempita dai tavolini dei bar con relative consumazioni). E tuttavia dimostra di non essere affatto alieno dall’interessarsi di cose serie o dall’appassionarsi a grandi temi culturali e civili, purché, naturalmente, il linguaggio sia semplice e vi siano intermezzi di alleggerimento. Reagisce un po’ come di fronte al migliore Costanzo show, che portava nelle case degli italiani protagonisti e pezzi di vita collettiva mai raccontati dalla grande stampa. Ci comunica, insomma, che può fare da pubblico anche per trasmissioni estranee alla celebre “tivù deficiente” immortalata dall’invettiva di Franca Ciampi.

Basta saperlo raggiungere dov’è (e in casa c’è più di altri pubblici), offrirgli la possibilità di passare il suo tempo libero (che è tanto) gratuitamente. E offrirgli buoni prodotti. Liberi e non appesantiti dal fiato della propaganda; e nemmeno infarciti dei soliti personaggi della compagnia di giro che da anni viaggia in tutti gli spettacoli di tutte le reti senza offrire mai un brivido di novità che non siano le lucide gambe della Michela Brambilla.

Insomma, per fare ascolti con questo pubblico – così mi è sembrato di capire – non c’è bisogno né di Cogne, né di Erba, né di tele-spazzatura. Perché non partire allora da queste constatazioni tratte dall’evidenza empirica per elaborare nuove strategie di informazione e di produzione culturale anziché ritrovarsi a ogni elezione a rimpiangere che Berlusconi si tiri dietro massicciamente il voto delle donne e dei pensionati perché “li rincretinisce con le sue tivù”? Forse è giunto il momento di pensarci. Intanto grazie al comune di Salsomaggiore (centrosinistra) e all’associazione “Incontrarsi a Salsomaggiore” che, senza intenti politici, ci hanno provato e ci hanno creduto. Perché, in fin dei conti, miss Italia non è tutto.

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