Diritto allo studio. Idee da Bruxelles

A Bruxelles. Sono stato a Bruxelles per un breve viaggio di incontri. Per raccogliere informazioni e opinioni sullo stato del diritto allo studio e sulle sue prospettive nei principali paesi, almeno nei nostri più diretti partner europei. Ottimo viaggio, ottima idea. Prima di tutto perché sono riuscito a sfuggire al caldo pazzesco dei giorni scorsi. Solo lunedì a Milano mi ero dovuto cambiare camicia tre volte per quanto erano zuppe di sudore (accade quando i “politici” vanno in giro in tram e magari corrono anche per inseguirli). A Bruxelles invece un bel fresco anche sotto i quindici gradi (e si lamentavano pure…). E poi un programma di incontri che mi ha aperto molto gli orizzonti. Perché un conto è studiarsi le statistiche, conoscere le differenze quantitative. Un conto è parlare, ascoltare le valutazioni sui problemi, cogliere gli orientamenti riformatori e percepirne la direzione. O distillare le battute. Io voglio che questo governo faccia una buona nuova legge sul diritto allo studio dopo che i primi due obiettivi sono stati conseguiti; ossia una volta che i diecimila posti in più per gli studenti fuori sede sono ormai andati alla Corte dei Conti per il via definitivo e una volta che è stata varata la Carta dei diritti studenteschi.

Ma per fare questa legge voglio avere ben chiaro il profilo possibile di quello che gli stessi studenti mi hanno insegnato a chiamare il nuovo “welfare studentesco”. E la mappa di questo nuovo welfare è secondo me molto diversa da come ce la immaginiamo in base all’ esperienza italiana. Ad esempio mi ha colpito molto la risposta che mi ha dato la direttrice generale (francese) degli affari sociali di Bruxelles. Alla mia domanda su come intendere un moderno diritto allo studio, su quali misure adottare, mi ha risposto: bisogna fare ciò che aiuta a realizzare il processo di Bologna (società della conoscenza, ricerca, ecc) e il programma Erasmus. Stop. Nessun riferimento a eguaglianza, dignità, ecc. Ma un capovolgimento. Abbiamo detto Bologna? Abbiamo detto Erasmus? Facciamo ciò che serve a realizzarli. Questo sarà il diritto allo studio.

Non è ortodosso, almeno per noi, come punto di vista. Ma aiuta a pensare. In ogni caso, sulla base degli incontri fatti, preparerò un’altra batteria di confronti. Intanto abbiamo deciso di sostenere con la Francia il principio cardine della mobilità. Un “diritto” che inseriremo nella legge come parte delle prestazioni essenziali che lo Stato deve garantire a tutti. Come disse Prodi a Bologna in maggio? Un Erasmus nel curriculum di ogni studente. Mussi gli rispose: “Lo dica a Padoa Schioppa”. Ma l’orizzonte è quello. Sì, viaggiare…

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