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Accademiche evasioni. Dal vostro inviato a Brera
Bene. Dopo l’incontro con i dottori e dottorandi di ricerca di stamattina al ministero (bello, interessante; ma qualcuno degli addetti ai lavori, ohibò, poteva pure avere la curiosità di venire…) mi sono fiondato a Milano per il nuovo seminario all’Accademia di Brera. Fiondato si fa per dire, quando c’è di mezzo l’Alitalia. In ogni caso sono arrivato con una sola ora di ritardo. Tema del seminario: quello che un po’ di blogghisti già conoscono. Ossia costruire a Milano il più forte polo di formazione artistica e musicale del sud Europa. Quel che mi fa piacere è che i protagonisti coinvolti ci credono, e anche molto. E’ in questi casi, se devo essere onesto, che misuro tutta la superiore bellezza del governare rispetto al legiferare. Quando fai una legge, dipendi da umori, scambi e culture e contingenze di decine e decine di persone. Ci metti una vita, se non sei il padrone di un partito. E anche quando riesci a farla non sai chi e come la applicherà. E soprattutto se sarà applicata. Qui invece le cose le fai e le vedi crescere. E le indirizzi, e le controlli. Io sono convinto che il processo messo in moto darà ottimi frutti, sia per Milano sia per il nostro sistema di formazione artistica e musicale nel suo insieme. Tranquilli, non penso solo a Milano (ammesso che sia un limite pensare a fare cose buone al nord per un governo che al nord continua a giocare fuori casa). Ci sono i poli in formazione di Genova e Verona; lo so, ancora nord, avete ragione. Però c’è anche quello di Napoli, di cui vado a parlare domani, e delle cui possibilità di riuscita sono arciconvinto. Ogni tanto mi domando come faccia qualche sindacato a dire che al ministero regna il più totale immobilismo. Sì, vabbe’, non siamo riusciti ancora a fare tutto quello che si vorrebbe. Ma di qua al "totale immobilismo" ce ne corre. Anche perché stiamo facendo delle cose che il sindacato nemmeno ci aveva chiesto, e nemmeno aveva immaginato, tanto escono dagli schemi degli ultimi anni.
Bene Brera, dunque, con Borrelli sempre in prima fila (ha scritto lui la carta d’intenti delle istituzioni coinvolte). Male, invece, il bar alla destra dell’uscita principale di Brera, dove mi sono fermato con due amici per prendere un aperitivo. Sei euro l’uno, senza un’ombra di patatina, spilorci da strapazzo. Non solo. Ma con la massima naturalezza ti chiedono i soldi maledetti senza nemmeno portarti un’ombra di scontrino. Glielo devi chiedere. E io gliel’ho chiesto. Sissignori. In un sussulto di rabbia. Perché ho rivisto in un attimo i commercianti fischiare il povero, coraggioso Bersani gridando che loro non sono evasori, e urlare contro Visco perché gli studi di settore sono una rapina; ho rivisto quella scena e ho una volta di più constatato che molti di loro evadono davvero ogni giorno con la massima improntitudine. E più guadagnano più evadono perché poi il gelataio (il gelato è stata la mia cena) lo scontrino te lo fa. Ah, ragazzi, dicono che cambiare questo paese sia facile, che basta "fare come Zapatero". Io non dico che non si possa e che non ci si debba provare. Però facile non è. Qui da qualunque parte ti muovi tocchi intoccabili ingiustizie. E ognuno ti dice di incominciare dall’altro. E si arrabbia. E ti da del comunista. Oppure, al contrario, ti dice che sei come Berlusconi. Miii, che pazienza…(lo so, anche i cittadini hanno pazienza, ma questo è un altro discorso…).
P.S. Grazie a Matteo per le ciliegie di Conversano (meravigliose, all’altezza delle romagnole). E grazie a Lindina per le foto di Mantova.
Nando
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