Letture da Stromboli. Il pane e le rose e l’assalto ai vecchi

Sono le sei del mattino e Stromboli è il paradiso terrestre. L’aria è ancora profumata di lava, il sole sta tirando la sua striscia d’oro sul mare da dietro il grande scoglio di Strombolicchio. Sulla spiaggia di Piscità ci sono tre persone. E’ l’ora perfetta per il vecchio frak di Modugno (ai più giovani: chi non l’ha mai sentita se la procuri, è una delle più grandi poesie in musica). Ieri sera è arrivata Lidia. Già, perché la vigliacca mi ha invitato, o meglio, ha salutato con gioia il mio autoinvito, e poi è andata a fare la giuria al festival del cinema di Pesaro, lasciandomi qui accudito come uno sceicco per il primo giorno. Ne ho approfittato per spulciare nella sua libreria. E’ una delle cose più utili, guardare le librerie delle persone per sapere chi sono davvero. Con lei non ne avevo poi troppo bisogno. Ma mi ha colpito la collezione di una rivistina, "Il pane e le rose", che si faceva negli anni settanta. Taglio sul "privato è pubblico", prodromo del femminismo, critica feroce dei vizi della politica post-sessantottina, un elogio neutrale del "fumo". Mi ha fatto tenerezza ritrovare i riferimenti alle "masse" condite in tutte le salse (nonostante l’occhio critico), e anche l’attenzione a salvare l’unità dei "rivoluzionari". Certo, è tutto molto datato. Tranne un fondo, di una certa delicatezza perfino, in difesa della masturbazione adolescenziale. Che mi ha impressionato. Perché oggi, è vero, abbiamo fior di adolescenti ripresi al videotelefonino a fare ben altro. Ma la predicazione del senso di colpa verso gli atti più innocenti è qualcosa che va oltre. Esiste, voglio dire, un meccanismo di formazione della colpa che viene agito verso i più deboli e più sprovveduti e che è assai più generale. In quel fondo, scritto da una ragazza dei tempi, il meccanismo è spiegato e descritto benissimo. Quando le ho chiesto qualche particolare sulla redazione, Lidia ha ammesso che "Il pane e le rose" (che diede il nome alla collana del suo "Porci con le ali") se lo scriveva praticamene da sola. E’ così che nascono i "movimenti" (politici o di opinione).

Mentre scrivo, la spiaggia di Piscità è rimasta deserta, si vede che erano turisti rimasti dietro qualche barca a dormire. Il mare sembra molto più pulito di ieri, il che vuol dire che Stromboli si riprende il suo posto in graduatoria davanti a Bellaria; e intanto vi aggiungo la notizia che tra gli scogli neri sono spuntati quest’anno dei bellissimi ciuffi di erba e fiori (gialli, ciclamino), che danno un fascino nuovo ai piccoli strapiombi. Che la domenica sia con voi. Visto lo sciopero dei giornalisti, cercherò di leggere i giornali di ieri, che ho trascurato. Intanto vi confesso che questa retorica contro i vecchi (in politica e non) inizia a sapermi di muffa. Un conto è volersi liberare dei vecchi marpioni, di chi ci mette sempre la zampa con metodi che nulla hanno a che fare con i meriti conquistati sul campo. Un conto, invece, è pensare che un paese non abbia bisogno anche dei Pertini e dei Bobbio. Ricordo che quando proposi a una riunione della Margherita di candidare Virginio Rognoni al Csm, la prima reazione di chi voleva andare al suo posto fu la battuta "largo ai giovani". Poi Rognoni si dimostrò il migliore vicepresidente possibile nell’era di Berlusconi. O no? Il guaio è che, anche simbolicamente, l’eliminazione dei vecchi ricorda delle culture che mettono i brividi solo a pensarci. Dall’antichità al novecento.

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