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Cucù, la Camorra non c’è più…
Che strana sensazione questi anniversari di mafia e di camorra. Sensazione amara… Oggi pomeriggio sono stato a Marano, provincia di Napoli. Vi si celebravano i 25 anni di un delitto di camorra per ricordare il giovanissimo carabiniere che ne era stato vittima; e a cui ancora, in città, non era stata dedicata una lapide, nonostante la medaglia d’oro al valor militare che gli è stata data alla memoria. Si chiamava Salvatore Nuvoletta, aveva 20 anni, e venne ucciso una sera per ritorsione contro un’operazione anticamorra compiuta dall’Arma in quella stessa giornata. Appena capì che cosa gli sarebbe successo ebbe la presenza di spirito di fare scudo a un bambino con cui stava giocando e poi di gettarlo lontano. Così non provò nemmeno a difendersi. Da qui la medaglia. Bene. Sono andato, presenza vera tra tante presenze annunciate o millantate, perché con quel carabiniere, benché non l’avessi mai conosciuto, avevo un rapporto starei per dire affettivo. Era infatti il fratello minore di due carabinieri (Gennaro ed Enrico) che erano stati uomini fidatissimi della scorta di mio padre negli anni di piombo. Gennaro, anzi, gli aveva dato (tra i pochissimi) la disponibilità a seguirlo anche a Palermo. E io ricordo bene quell’estate dell’82, che è di 25 anni fa anche per me. Mio padre che scopre la terribile solitudine che precede la morte e però vuole andare a portare il suo sostegno morale al padre del carabiniere, che era il padre anche dei "suoi" carabinieri. Si fece accompagnare da me, quella volta. E ricordo come si guardarono negli occhi i due sessantenni. Mio padre che cercava di consolarlo. E l’altro che, senza dire nulla, lasciava trasparire il terrore che un altro dei suoi figli potesse essere ucciso. Per "colpa" di mio padre. Non l’ho mai dimenticato quell’incontro. Perciò ho voluto essere a Marano, dove meritoriamente un’amministrazione di sinistra ha voluto per la prima volta la cerimonia, la lapide e un edificio in uso a un’associazione per la legalità affiliata a Libera. Ottima cosa. Quello che mi ha stupito, quasi sconvolto, è che nessun discorso ufficiale ha mai citato la camorra. Parole di fuoco (sacrosante) in difesa della legalità, inviti (sacrosanti) a non chiudersi nel proprio guscio, appelli (sacrosanti) dall’altare a non "mettere il cuore in pace" ma a mettere "la pace nel cuore". Ma quella parola, camorra, non veniva fuori mai. Come se se ne avesse paura. Come se pesasse su tutti la convenzione che quella parola fosse di troppo, un azzardo, un affronto. L’ho dovuta tirare fuori dicendo che non sarei stato in pace con la mia coscienza -come membro del governo repubblicano e per il cognome che ho- se non l’avessi pronunciata. Poi ho pensato a quando non si poteva usare la parola mafia. A quando si diceva "il male", "la violenza cieca", "il crimine", "il terrorismo", "la tabe" perfino. Ho pensato che quando qualcuno mi dice che tutto è rimasto come prima, la mia immediata obiezione è che prima la parola mafia nemmeno si poteva pronunciare. Be’, oggi a Marano, in una giornata positivamente diversa, ho provato la angosciante sensazione che sia ancora così. Diamoci una mossa. Forse a Napoli stiamo ancora peggio di come pensiamo (a proposito: anche il progetto della cittadella dell’arte e della cultura nel centro storico è -per fortuna- molto più avanti di quanto io stesso pensassi).
Nando
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