19 luglio. Quando c’erano le cabine telefoniche

Ha ragione Pavlov (vedi commenti al post precedente). Oggi è il 19 luglio. D’accordo, la storia non è una sequenza di anniversari. Ma, per quel che mi riguarda, non dimentico il pianto che mi feci appoggiato a una cabina telefonica dell’aeroporto di Bologna quando Michele Serra mi disse che a Palermo una bomba aveva fatto a brandelli Paolo Borsellino e la sua scorta. Era il 1992. Un’epoca fa. O l’altro ieri. Ho scritto perfino troppe volte di quel giudice dai baffetti gentili e del suo ultimo intervento pubblico alla biblioteca comunale di Palermo per avere il cuore di tornarci sopra. Non racconterò per l’ennesima volta di quel che vidi e di quello che provai. Mi basta non lasciare scorrere questa giornata senza mandargli, dalle nostre umane e povere strade, un pensiero di gratitudine. Mi basta ricordare a tutti noi, una volta di più, che tra persone oneste e coraggiose e leali le differenze di idee politiche contano sì, ma fino a un certo punto. Che prima e di più conta un’ idea di Stato, di giustizia, di uomo. E che poi, solo poi, viene il resto: i celebri "programmi"; quelli che, secondo i pragmatici, dovrebbero dividerci senza rimedio anche se siamo meravigliosamente d’accordo sui princìpi di fondo. Ricordiamo dunque Paolo e i suoi cinque agenti. E leggiamo, sotto il commento di Pavlov, la lettera di Salvatore Borsellino, ingegnere e fratello di Paolo. Non fatevi prendere dal pessimismo, però. Il giudice dai baffetti gentili non gradirebbe. Ne sono sicuro.

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