Da Lisbona con rimpianto. E meno pessimismo…

Ed eccomi tornato a Milano. Lisbona bella, bellissima. Il consiglio dei ministri europei sulla ricerca interessante. 9 alla prima. 7+  al secondo. Parto dal dovere, secondo gli aurei precetti familiari. Tranne una prima parte un po’ generica (quella sugli investimenti privati nella ricerca), il Consiglio è stato intenso e sostanzioso. Sia nella sezione dedicata agli investimenti pubblici, sia nella sezione dedicata alla crisi di iscrizioni alle facoltà scientifiche. Passo subito ad alcune informazioni di fondo. Alla famosa percentuale del 3 per cento del prodotto interno lordo spesa in ricerca non ci si arriverà. Né nel 2010 né negli anni successivi. Non saremo gli unici. Su questo non ci piove. Beata la Finlandia che, con gli altri paesi scandinavi, si è portata avanti con i compiti. Ma per gli altri non ce n’è. Gli investimenti pubblici, con i diffusi problemi di bilancio, non possono crescere significativamente. E i privati non ci sentono molto, specie dove prevale la piccola impresa. Forse il rimedio sta (questo è stato il nocciolo del mio intervento) nell’usare gli investimenti pubblici non per sostituire quelli privati ma per mobilitarli, con iniezioni chirurgiche nei rapporti tra università e imprese (anche piccole) e nei poli innovativi capaci di sprigionare sinergie. Secondo punto: non siamo solo noi a soffrire una crisi di vocazioni per le facoltà scientifiche. La celebre "tradizione umanistica" non c’entra praticamente un piffero. Il problema riguarda tutti. Anche l’Estonia (dove stanno inventando i "bus delle scienze" per attirare i bimbi a fare esperimenti e scoprire il bello della scienza già sulle strade -ma attenti alle caramelle dagli sconosciuti…-); o la Norvegia, dove hanno dato più spazio nelle scuole a matematica e scienza, pare con buoni risultati. Mi sono chiesto, astraendomi per qualche minuto dalla discussione, se per caso in Europa non sia in crisi la stessa era dei lumi, di cui la scienza fu un mito centrale. Vedi le cose come potrebbero essere profonde…

Terzo: l’Italia sta meglio di quasi tutti gli altri quanto a partecipazione femminile alle facoltà scientifiche. La partecipazione delle ragazze è più bassa di quella dei loro coetanei, ma su livelli molto più incoraggianti della media europea. Insomma, c’è molto materiale su cui lavorare. Con l’aggiunta che la mobilità (nello spazio) di studenti e studiosi è decisamente diventata la parola d’ordine più forte. E che tra i ministri (c’erano poi quasi tutti, e mi sono perso pure la foto di gruppo per un caffè galeotto!) le donne erano molte. Anche giovani. Trentanove anni la ministra francese, che tra parentesi (ma proprio tra parentesi, veramente tra parentesi) è pure piuttosto carina. Infine, per quel che riguarda il dovere: voi uomini e voi donne di poca fede, sappiate che la delegazione italiana era la più ridotta di tutte. Due persone (quorum ego) contro cinque o sei degli altri paesi. Classe economica e un pasto solo a rimborso. Tié a chi ripete che i politici e i ministeri sprecano soldi.

Lisbona, dunque. Splendida, con quello stile misto di romanico, gotico, arabo e indiano (le colonie, amici). Ho imparato che si chiama "manuelino", tipo il "vittoriano" in Inghilterra. Vista Cascais, rifugio dei nostri reali dopo la guerra. Ma come diavolo lo sapevano che era così bella? Visto il Cabo de Roca, punto più occidentale dell’Europa. E siccome l’occidente è libertà, nel punto più occidentale mi sono sentito liberissimo (a parte scherzi: una magia quel vento sui dirupi atlantici, tra paesaggi ondeggianti tra la Sardegna e la Sicilia). Viste le spiagge grandi e libere, ce ne fosse stata una a pagamento…questa si chiama civiltà. Insomma, ci tornerò. Seguirò il consiglio di Pielle. La prossima volta, presto, con Emilia.

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