La scuola è civiltà, la scuola è viltà…

E rieccomi sul Blog, ancora in ritardo sui miei tempi. Giuro, però: questo succede perché non voglio essere in ritardo con i tempi più importanti, che sono quelli dei miei impegni istituzionali. Ormai ne ho fatto una questione di principio (d’onore, perfino; o se volete d’orgoglio luciferino): in ritardo rispetto alle promesse fatte non deve arrivare niente. Ho detto riforma dell’alta formazione artistica e musicale entro l’estate e così dev’essere; ho detto nuova legge per il diritto allo studio entro l’autunno e così dev’essere. Ogni volta che sento dire che il provvedimento si è fermato qui o lì per questo o quell’altro motivo, mi vengono i "torcinielli", come diceva mia madre pescando nelle sue reminiscenze napoletane. E ogni volta che mi scandiscono la frase, così straordinariamente in voga, che "fra tre mesi è domani", io obietto che fra tre mesi è tra novanta giorni, e che dunque per arrivarci bisogna mettere in fila novanta domani, con tutto il tempo lavorativo a disposizione che ne consegue.

Mi stanno venendo in mente un po’ di slogan per il prossimo anno accademico; così, giusto per vivacizzare il confronto e anche per dare un po’ di obiettivi verso i quali "marciare" con sano entusiasmo. Quali slogan? Eh no, per ora me li coccolo e me li liscio io, poi molte notti porteranno consiglio e mi daranno il parere definitivo. Ma non saranno ovvi affatto. Sicuramente qualcuno lo lancerò (tra polemiche?) alla festa dell’Unità sul welfare che si terrà a Pisa ai primi di settembre.

Intanto, mentre si avvicinano le vacanze, do qualche sguardo a quel che mi succede intorno, e vorrei dire sommessamente che cosa mi piace e che cosa no. Mi piace che il parlamento si stia orientando a concedere l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni Unipol. Il signor B. si oppone perché pensa a quando potrebbe capitare a lui. Spassoso Pecorella: dice che in linea di massima è bene non fermare l’azione della magistratura. Strepitoso. Non mi piace che il tesoriere dei Ds, Sposetti, affermi che non darà un soldo al Partito democratico. Bene, ci terremo i patrimoni separati. Credo di capire le ragioni di questa scelta, e forse non sono nemmeno banali. Ma si possono spedire le partecipazioni di nozze annunciando che gli sposi non metteranno un euro del loro patrimonio in comune? Mi piace che la maturità sia diventata un pochino più seria, essendomi capitato ai tempi (da commissario d’esame) di vederne e sentirne di tutti i colori. Che sia una notizia che "solo" il 94 per cento ha passato l’esame di Stato dà la misura del degrado a cui si era arrivati. Leggere in proposito il fondo di Francesco Merlo su Repubblica: da scuola di formazione di élite a scuola di deformazione di massa, a colpi di video telefonini e di bullismo. E dunque non mi piace quel che è successo a Gela, con il ragazzo (presunto) gay costretto a ogni tipo di umiliazioni. Qui, sulla questione, non se ne può più. Occorre la mano dura, durissima. Con gli allievi che seviziano. E con gli insegnanti che lasciano seviziare. A scuola si va per diventare civili, non per apprendere e praticare l’inciviltà di massa. Ognuno si prenda dunque le sue responsabilità. Altrimenti continueremo a cantilenare che la scuola è lo specchio della società, e a contro-obiettare che in realtà la società è lo specchio della scuola. E dopo la scuola, la politica. E via con gli alibi, e con il chiamarsi fuori. Basta davvero.

Leave a Reply

Next ArticleIl sindaco pescatore e la libreria delle donne. E Marco Pannella