Bologna 2 agosto. Il dolore e la politica

Due agosto, anniversario della strage di Bologna, la più grave, la più terribile della nostra storia. E forse la meno spiegabile con le categorie che ci sono servite a capire piazza Fontana e piazza della Loggia, o Ustica o il treno di Natale del ‘94. Ho preso i miei impegni bolognesi (diritto allo studio, costo della vita per gli studenti fuori sede) a cavallo tra ieri e oggi anche per partecipare alla manifestazione. Che continua a essere una grande manifestazione di popolo. Quando arriva il 2 agosto Bologna ritrova tutta la sua antica e proverbiale civiltà politica. I gonfaloni, i vigili, i servizi d’ordine di partito, il palco, i familiari che vengono prima di tutti, con la loro gerbera bianca al petto. E i discorsi. E i tre fischi della locomotiva nel minuto esatto in cui tutto saltò per aria, quando soprattutto ragazzi, tanti ragazzi che partivano, vennero fatti a brandelli. Con bimbi e con vecchi. In quel momento di raccoglimento si risente tutta la tragica pace di quei momenti, in cui -mi hanno raccontato- tutti cercarono subito di non fare rumore per sentire le voci di chi era sotto le macerie. Ho sentito una giovane donna singhiozzare dietro di me sul palco, ho saputo poi che era la figlia bambina di una mamma che non venne più ritrovata. Scavarono e cercarono per dieci giorni solo per lei, inutilmente. Per questo ho trovato di pessimo gusto presentarsi sulla piazza con gli striscioni per contestare il ministro Damiano, venuto a parlare a nome del governo. Firmato: i giovani comunisti. Ma perché far pensare che i giovani comunisti siano incapaci di distinguere il dissenso politico dalla pietà umana e anzi mettano la pietà al secondo posto? E sempre per questo ho trovato, all’opposto, che abbia fatto benissimo Romano Prodi a presentarsi a sorpresa in piazza e poi sul palco, perché anche essere lì in quel momento -soprattutto dopo avere riformato il segreto di Stato- è buon governo.

Una cosa però devo aggiungere. Amici blogghisti, sono rimasto molto  colpito dal vigore delle denunce di Paolo Bolognesi, il presidente dell’associazione dei familiari, contro le tenerezze e le comprensioni che ha la nostra politica verso gli ex terroristi, e contro i favori che destra e sinistra si fanno reciprocamente nell’accreditare una politica di riabilitazione molto, troppo generosa. Credo che un politico non riuscirebbe mai a dare quelle frustate, che venivano da un’indignazione profonda, e che portava a fare i nomi di esponenti di Rifondazione, dei radicali, dei Ds, di An, senza che la piazza si permettesse di fiatare. Davvero mi confermo che ragione umana e ragion politica troppe volte non coincidono. So già l’obiezione: guai se coincidessero, sarebbe la fine della politica. Contro-obiezione: guai se non coincidono quando occorre affrontare le ferite più dolorose di un corpo sociale. Perché è allora che la politica finisce. Almeno secondo me.

Leave a Reply

Next ArticleFinlandia tour/1. Zanzare arrivo