Finlandia tour/8. I have a dream

Amici che in modo così entusiasmante (per me) siete rimasti a leggervi questo blog in pieno agosto, ora ve lo posso rivelare: ho un sogno. Già, I have a dream. Anch’io. Piccolo piccolo, si intende. Sogno di sbeffeggiare sagacemente la mia Milano per la clamorosa bufala metropolitana delle zanzare finlandesi. Ma aspetto domani a realizzarlo, magari dopo avere fatto marameo dall’oblò dell’aereo a squadroni di insettacci partiti con gran ritardo per l’attacco finale. Dunque, per ora, continuo con la sociologia spicciola. Prima i bambini. Sono ripettatissimi come in tutti i paesi del nord, i quali non invocano la famiglia ogni minuto ma la proteggono sul serio. Ogni posto pensa un po’ a loro, gli riserva degli spazi apposta con giocattoli e seggiolini (e seggioloni). Avevo già visto gli aeroporti e i ristoranti e le biblioteche. Ma delle chiese non sapevo. Ci sono i libretti-giocattolo in cartone o i pupazzi religiosi anche per i bimbi di uno-due anni. Tenerissimo. Poi gli artisti di strada. Ho già detto dei giovanissimi musicisti. Ma sempre di più capisco che chi vuole raggranellare qualche soldo con quello che sa fare, qui scende per strada, lo fa sentire o vedere, e poi chi ha assitito gli paga il biglietto. Non solo i violinisti. Anche gli acrobati, o i giocolieri, o i danzatori. Sono bravi, danno emozioni. Non è accattonaggio, che qui (come in tutte le capitali europee) non è permesso. Riflessione: in Italia, e solo in Italia, ti chiedono tutti soldi con l’accattonaggio appena ti fermi in una piazza turistica a parlare (bastano dieci secondi) ma se un gruppo di ragazzi improvvisa uno spettacolo ecco i vigili che gli vanno a chiedere l’autorizzazione e magari pure il pagamento della Siae.

E visto che abbiamo parlato degli artisti di strada, parliamo anche degli artisti non di strada. Sono stato a visitare il Kiasma, il museo d’arte contemporanea di Helsinki. Struttura bellissima, geniale, dovuta a un architetto americano vincitore di regolare gara di idee. Dentro, a dire la verità, quasi il vuoto, almeno per il livello a cui siamo abituati noi italiani. Certo, basterebbe prendere due chiese e un tempietto di Roma e portarli qui, ed Helsinki si rifà il patrimonio artistico; e capace pure che piazza qualcosa nel patrimonio dell’Unesco. Però è ammirevole la voglia finlandese di costruirsi una storia artistica, di andare oltre il design (splendido). E in ogni caso alcune idee sono davvero belle. Su una parete c’erano in fila decine di gomitoli sciolti, colorati diversamente e di diversa lunghezza. Ma nel cuore di ogni gomitolo c’era la foto di una persona. Per dire che il gomitolo è come la vita che si srotola, non uguale in lunghezza per tutti. Mi ci sono fermato venti minuti buoni, la metafora non era banale affatto.

Ancora più a lungo, circa un’ora, mi sono fermato invece nel parco-museo della città. Dove con mio divertito e ammirato stupore ho visto una specie di anfiteatro disposto intorno a una pista da ballo. Dove (erano le sei del pomeriggio) arrivava gente di tutti i tipi, dai venti ai sessant’anni. Molti in bici, alcuni con il sacchetto delle scarpe per ballare. E poi via a invitarsi tra sconosciuti. Piroettando con sagacia e comunque con impegno verso il/la partner. Dice: ma nelle balere facevano così. Appunto. E ci si divertiva. Ora sembra proibito. E figurarsi nei parchi. Pare brutto. Invece qui è bellissimo (no, non ho ballato, se è questo che volete sapere).

E infine, le piccole note stonate. Qui molti telefonini in giro e molte gente che parla per la strada. Ufficialmente danno il rapporto cellulari/abitanti con molto orgoglio (c’è la Nokia...). A me in realtà il rapporto sembra terribile e devo dire che su questo le differenze positive con l’Italia saltano di colpo. Così come saltano nella diffusione delle Lacoste, che spuntano ovunque (capito, Furietta, perché non poteva essere negativo -e come lo hai potuto pensare…- l’accenno ai ragazzi siciliani di Tallinn?). E, se proprio devo aggiungere, ci fosse qualcuno che cede il passo a una donna o a un anziano per entrare o uscire dall’ascensore…Quisquilie, pinzillacchere (si dice così, alfa10?). Lo so, nelle nostre scuole e nei nostri bar è una consuetudine non farlo, ma in tanti posti si usa ancora. A domani, comunque. Mi tengo il mio sogno ancora per un giorno.

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