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La nobile gara di Palermo
Grazie, grazie a tutti i blogghisti (un presentatore direbbe “a questo meraviglioso pubblico”). Per i post, per l’attenzione (e a volte mi sembra perfino per l’affetto) con cui seguono le vicende pubblico-personali che più mi coinvolgono. Perciò do conto della giornata di ieri, per come l’ho vissuta io. Mattinata a Palermo, dove sono arrivato da Bologna fresco di festa dell’Unità. All’alba ho incontrato Veltroni, che mi sembra perfettamente consapevole dei rischi che il partito democratico si tiri dentro gente poco raccomandabile, specie in alcune regioni. L’ho rivisto la sera a Roma alla Casa del Jazz. E’ reintervenuto sulla Calabria e sulla sfida da lanciare subito: fare a San Luca la caserma dei carabinieri che la ‘Ndrangheta non vuole. Ed è anche stato tutto il tempo della manifestazione senza dire a un certo punto “ho un altro impegno istituzionale”. Intanto la Bindi lanciava la proposta di non presentare alle primarie candidati sospettati di avere o avere avuto rapporti con la mafia. Bene.
Bene anche l’idea di intitolare a mio padre la caserma di Palermo che lui aveva comandato per sette lunghi e intensi anni (1966-1973). Ammetto che sono stato preso dall’emozione a parlare lì dentro da sottosegretario. Quando all’ingresso i carabinieri schierati mi hanno fatto il presentat’arm, per una frazione di secondo mi sono chiesto a chi mai lo stessero facendo. E subito ho pensato a quarant’anni fa, a quando rientravo in quella caserma dalla spiaggia, con giapponesine, jeans sdruciti e chitarra in mano e il carabiniere di guardia mi chiedeva brusco “Ehi tu, dove credi di andare?”. Ho parlato lì di quei tempi, di quello che vedevo fare da un colonnello che a mezzanotte, invece di andare a dormire, saliva in macchina e andava a fare la visita notturna delle stazioni dell’Arma nella profonda Sicilia. Eccetera, eccetera; i ricordi venivano giù a pioggia, avrei potuto parlare ore senza fermarmi mai perché a ognuno – credo – viene voglia di raccontare quando le emozioni si fanno più intense. C’era anche mia zia, sorella di mia madre, che nella stessa caserma ci arrivò ragazza (quando la comandava mio nonno materno e c’erano le stalle con i cavalli) e che ormai è anziana e ci vede poco, ed era felice di ritrovarsi tra quei ricordi proprio con il nipote che da bambino la faceva disperare chiedendo ogni minuto di andare dai “pippi” (i cavalli, appunto). Madrina dell’intitolazione è stata Agnese Borsellino, moglie del giudice dai baffetti gentili. E madrina migliore non poteva esserci.
Alla sera la Casa del Jazz si è riempita. Il clima è stato caldo, mi è sembrato che ci fosse uno spicchio della famosa “Italia degli onesti”. Antonello Piroso ha condotto magistralmente, tutti sono stati emozionati dagli interventi, non in programma, del vecchio autista di mio padre (allora giovane scorta, scampò all’attentato solo perché era in licenza matrimoniale, era stato l’unico a seguirlo in Sicilia), di Paolo Galvaligi, figlio del generale ucciso dalle Bierre, oggi colonnello dell’Arma e che continuava a dire “il signor generale dalla Chiesa”, e di Piero Grasso, che ha scandito alla fine con fare pacato la terribile verità che tutti sappiamo: “E’ stato un delitto di mafia, ma non solo di mafia”. Poi il filmato con l’intervista di Biagi a mio padre dell’81. Un effetto sconvolgente, per tante ragioni. Farò di tutto per proiettarlo alla Festa dell’Unità di Milano il 6 sera.
Inutile dire, infine, che dato il grande risalto mediatico dell’anniversario tutte le alte cariche istituzionali e politiche hanno fatto a gara a farsi vedere sia a Palermo sia a Roma. A Palermo c’erano ben due membri del governo: io e il sottosegretario all’Interno Pajno, che è di Palermo. A Roma è andata meglio: c’erano Levi, Sircana e Chiara Acciarini; con Grasso, Luca Orlando e Beppe Lumia che si sono fatti in quattro per essere prima a Palermo poi nella capitale. Credetemi: non farei queste notazioni se non avessi visto che non sono solo fantasie mie, ma che se le è fatte anche l’inviata di Liberazione a Palermo. Pazienza. Ancora una volta pazienza. E un grazie postumo a Casini che per il ventennale capì, lui, che era suo dovere istituzionale andare a Palermo. Grazie di nuovo a tutti!
Nando
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