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La scuola di Fioroni e il filosofo oste
Che nessuno dica più che questo governo non fa niente. Perché, se bisogna esagerare in una direzione o nell’altra, allora dico che un governo che rende (finalmente!) più seria la nostra scuola, è benemerito per principio. Perché la scuola in un paese è molto; è, tanto per evitare i luoghi comuni, "il futuro", "le nuove generazioni", "i nostri figli" eccetera eccetera. In ogni caso un paese senza una scuola seria non potrà mai essere un paese serio. Lo so, ci scommetto, che subito verrà in mente a qualcuno di citare un problema sindacale irrisolto. Ma a me quello che sta facendo Fioroni piace assai. Esami seri, basta con i diplomifici, un po’ di basi vere, comprese tabelline e geografia, grammatica e storia; perché senza l’abc delle conoscenze nessuna fantasia può volare alta e nessuna logica può sprigionarsi per le vie del pensiero. E poi: nessuna impunità pratica per quei (pochi, ma non pochissimi) prof che scambino la scuola per un luogo di fastidioso far niente. Un po’ di rigore, insomma, senza smentire le vere conquiste di questi decenni, dal tempo pieno all’autonomia allo studio del Novecento. Se posso dire la mia, non vedevo l’ora. Ho girato troppe scuole per non vedere gli abissi tra quelle in cui si lavora -e bene, e facendo i conti con devianza e marginalità- e quelle che sono una burla in servizio permanente effettivo ai danni dei ragazzi e dei contribuenti.
Purtroppo oggi il mio caro amico e omonimo Nando Benigno (di nome e di fatto), il filosofo-muratore, il filosofo-oste a cui ho dedicato un capitolo delle mie "Storie eretiche di cittadini per bene", mi ha comunicato di essere andato in pensione. Mi è venuto un groppo in gola: tu in pensione? Ho pensato al suo ardore civile, ai teatri pieni di ragazzi a parlar di legalità, di giustizia, al Palalido di Milano stracolmo ("non è un concerto rock", esordì il tg1) per il maxiprocesso, al suo lavoro instancabile a Milano e poi a Brindisi e mi sono chiesto, gli ho chiesto, perché mai abbia abbandonato. Gli ho chiesto se non valga la pena rientrare ora che la scuola diventa più seria. Non è più la scuola che ho conosciuto, mi ha detto. E la scuola è un pachiderma. Ci hanno messo decenni per ridurla in questo stato, ce ne vorranno altri per tirarla su. Un abbraccio a un amico che si è consumato l’anima per i suoi allievi, e che ogni anno mi portava i migliori perché li avviassi al giornalismo civile (e alcuni sono diventati giornalisti per davvero). Se passate dal porto di Brindisi, lo troverete impegnato e gentile da "Iaccato", l’osteria più lontana dall’imbarco. Lì, su un muro, c’è ancora, a qualche metro da un fotone con dedica di Pamela Prati, una foto piena di nostalgia e di amicizia, con lui, Gherardo Colombo e me. Tutti e tre con i baffi; lui, in più, con la barba filosofale. Occhi asciutti, please.
Nando
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