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La fiction di Canale 5? Io la penso così
La fiction. Che ti è parso della fiction di Canale 5 su tuo padre? Me lo chiedono ovunque. Sul tema si sono espressi anche alcuni blogghisti. Prima e principale risposta: era una fiction. Ossia, più di tanto non le si poteva chiedere. Questi teleromanzi popolari hanno funzioni diverse da quella della rappresentazione artistica. Non sono libri, non sono film, non sono documentari. Certo, pur restando nei confini del loro genere, possono esprimersi a livelli differenti. Nel nostro caso è possibile dire che qualcosa in più – anche in termini di attenzione a particolarità storiche e ambientali – ci si potesse attendere. Perché è vero che per comodità ed efficacia narrativa avevamo (come figli) "concesso" qualche licenza storica (ad esempio mia madre non morì d’infarto dopo il sequestro Moro ma dopo l’assassinio del giudice Palma, assai vicino a mio padre nel controllo delle carceri). Ma qualcos’altro ci è giunto inaspettato. Ad esempio l’insistenza su mio padre al maneggio, intento a svagarsi con i cavalli. Mio padre non è mai andato a cavallo, né andava al maneggio. Anche avesse voluto, non ne aveva il tempo. Certo, l’espediente serve per ambientare gli incontri con Emmanuela Setti Carraro. Ma ne fa professionalmente un tipo un po’ diverso. O altro esempio: mia madre non era lamentosa come la Sandrelli, ma era una donna solare e piena di allegria, che non manifestava mai le sue apprensioni (e forse proprio questo l’ha schiacciata). Oppure ancora: dedicare un minuto della seconda puntata agli incontri nelle scuole sulla mafia avrebbe ricordato un tratto distintivo e assolutamente originale dell’azione siciliana di colui che era considerato il "repressore" per eccellenza. Ognuno ci può mettere le osservazioni che crede. Ad esempio un coraggioso suo ex collaboratore, ora generale in pensione e che mi ha telefonato per dirmi di essere pronto a testimoniare contro le panzane di Cossiga, si è adontato che in una scena mio padre apparisse seduto in auto nei posti dietro. "I carabinieri lo amavano anche perché si sedeva sempre accanto all’autista", mi ha detto. Insomma, potremmo stare qui a far critiche tutto il giorno.
Però… Però la fiction ha il pregio di arrivare diritta al cuore della gente semplice, che non sa. E anche alla mente e al cuore di chi ha funzioni di responsabilità. Molti parlamentari mi hanno detto di non avere mai saputo che mia madre fosse morta per quelle ragioni. Persone di sinistra mi hanno detto di avere rivisto sotto un’altra luce anche la lotta contro il terrorismo. E poi molti giovani hanno potuto sapere chi fosse il generale-prefetto. In quanti pensavano che fosse un magistrato? O che, come ha bellamente detto il tg4 di Fede, fosse stato ucciso dalle Brigate rosse? Insomma, avrà avuto i suoi limiti, la fiction (ma anche i suoi pregi, ad esempio l’assoluta fedeltà ai fatti sulla vicenda della P2, o l’attenzione nel tratteggiare i rapporti umani in famiglia). Ma è stata sicuramente utile. La dimostrazione? Me l’ha data ieri un signore che mi ha fermato per strada a Milano. Aveva accanto una ragazza, che poi ho capito essere sua figlia. Le ha detto: "lo sai chi è questo signore? È il fratello di Rita dalla Chiesa", che è stato il mio biglietto da visita di massa negli ultimi quindici anni. Poi ha aggiunto: "ma soprattutto è il figlio…" e la ragazza ha completato: "del generale dalla Chiesa". Brava!, le ha detto il padre. E brava la fiction, ho pensato io, che ha restituito un po’ di memoria a questo paese.
Quanto agli attori, dico che Giannini è stato grandissimo. Dopo di lui il cane, che si muoveva proprio come il mio Bambù (grande professionalità, deve esserselo studiato attentamente). E Francesca Cavallin, bravissima nel ruolo di Emmanuela. E brava (ma proprio tanto!) mia figlia Dora, alla quale si deve l’inserimento finale della celebre omelia del cardinale Pappalardo. Che ha ridato a tutti il senso della realtà. Lì non era più fiction.
Nando
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