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Gigi Meroni. Ricordo di un poeta
E’ mezzanotte e non posso salutare la giornata senza ricordare che oggi, 15 ottobre, cadevano i quarant’anni della morte di Gigi Meroni, il più poetico campione che abbia mai giocato nei nostri stadi di calcio. Il titolo del libro che gli dedicai più di dieci anni fa lo ha ribattezzato nella fantasia dei tifosi, per i quali Gigi è ormai "la farfalla granata". Oggi, giustamente, Rai 3 gli ha dedicato un bel documentario a cura di Gianni Minoli. Mi ci sono ritrovato tra i testimoni che lo ricordavano con una didascalia che mi qualificava "biografo di Meroni". Devo dire che me ne sono inorgoglito. Quando quarant’anni fa davanti a scuola mi dissero che la sera prima un’auto nel centro di Torino lo aveva investito a morte provai uno sgomento indefinibile. Anche i campioni, anche quelli diversi, anche i ribelli che rivoluzionavano i tempi potevano morire nel modo più banale. Ieri sera, correndo tra un seggio e l’altro delle primarie (ne riparleremo!), sono passato tre quarti d’ora al teatro Ariberto di porta Genova, dove la compagnia leccese della Calandra mandava in scena, appunto, la farfalla granata. Ho rivisto la sorella Maria, che assisteva allo spettacolo con l’aria trepida e compita che ho imparato a conoscerle. Sempre emozionata al sentirne parlare, sempre timorosa che qualcuno sbagli i toni e ne consegni un ricordo sguaiato o da santino. Di una cosa sono certo: calciatori così non ne ho più visti. E’ vero, oggi i giornali parlano di tutt’altro, ma sento che a questo spicchio di storia (non solo mia) era giusto riservare un piccolo spazio.
Nando
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