Io, Totò e gli altri. Diffidate gente, diffidate

Non credeteci. Se leggete da qualche parte che lunedì sarò a Corleone a inaugurare un cippo dedicato a mio padre in compagnia di Totò Cuffaro e Gianfranco Micciché, e del sindaco della città, non ci credete. Non ne ho mai saputo nulla. E se l’avessi saputo avrei declinato l’invito; per la stessa ragione per cui non vado in Sicilia a tante manifestazioni ufficiali sulla mafia. Perché penso che le vittime della mafia non possono essere commemorate da chi è sotto processo per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra e comunque ha sempre riconosciuto la sua amicizia con fior di mafiosi. L’invito, ho saputo oggi, mi è stato mandato al Ministero con un fax del 31 ottobre. Oggi una telefonata sempre al Ministero, con l’aria di chi dà per scontata la mia presenza. Anzi, di chi ha avuto la rassicurazione di una mia presenza.

E tuttavia il malcostume di pubblicizzare mie presenze fantasma non riguarda solo questo tipo di occasioni. E coinvolge pure partiti e associazioni di centrosinistra. Non lo dico per narcisismo, ma per autodifesa. E’ da un po’ di tempo infatti che ricevo telefonate di rimprovero per essere stato nella tale città e  non essermi fatto vivo. Oppure di avere partecipato al tale dibattito e di non avere avvertito nessun amico. Funziona in questo modo. Le notizie della mia presenza si trovano sulle cronache locali dei quotidiani o addirittura campeggiano sui manifesti murali. Io però non ne so niente; o addirittura, invitato, ho detto con estrema chiarezza di non potere partecipare. Gli organizzatori però mettono lo stesso il nome e poi, a mia insaputa, annunciano che purtroppo per "sopraggiunti impegni istituzionali" non sono potuto andare. Così faccio la figura più odiosa. Quella di chi non mantiene la parola data. O di chi promette presenze che non può garantire. Insomma, visto che se c’è una cosa alla quale tengo è la mia credibilità personale, esco da queste occasioni un po’ più povero. Pessimo malcostume, segno che la crisi di serietà e di correttezza in cui viviamo è profonda e penetra ogni anfratto della vita sociale.

Intanto un commosso saluto a don Benzi. Che conobbi a Rimini in un viaggio della commissione Antimafia. E che aveva, lui sì, la parola credibile. Quando parlava degli ultimi, del traffico di esseri umani, delle prostitute, delle vittime insomma, e dei capitali sporchi che si compravano gli alberghi. Spesso -vittime e capitali sporchi- della stessa nazionalità. Perché generalizzare, nel bene o nel male, non aiuta mai a capire. Non dimentichiamolo, sotto l’emozione degli eventi, nemmeno davanti ai rumeni.

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