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Enzo Biagi. Per non dimenticare…
Non dovrebbe. Forse un Blog non dovrebbe essere punteggiato di addii a persone che se ne vanno. L’ultimo pensiero (veloce pensiero) è stato pochi giorni fa per don Benzi. Ma come si fa a non dedicare un post a Enzo Biagi? Temo fra l’altro che gli impegni in parlamento mi impediranno di andare ai suoi funerali. Io credo che il Paese dovrebbe ricordarlo per quello che ha fatto nella sua vita, eccezionalmente ricca di successi professionali ed editoriali. Ma soprattutto per quello che non gli è stato consentito di fare nell’ultima parte della sua vita. Quando era vecchio, quando camminava a fatica, con il passo incerto dei più anziani, sotto la Galleria di piazza della Scala, uscendo dall’ufficio che gli era stato riservato dalla libreria Rizzoli. Qualcuno gli andava a stringere la mano, qualcuno – come il sottoscritto – lo guardava con tenerezza da lontano per non disturbarne il cammino, qualcuno commentava “ecco quel comunista di Biagi”. La sua figura, la censura di cui è stato vittima, lui, il più prestigioso dei giornalisti-cronisti italiani, deve rimanere come un monito. Per chi ama la libertà di stampa, per chi opera e scrive sapendo quanto essa sia preziosa; non dimenticando mai che nella Russia dell’ultimo decennio sono stati uccisi 47 giornalisti e che nella Sicilia degli ultimi quarant’anni ne sono stati uccisi otto. Ma dev’essere un monito, la vicenda del Biagi ottantenne, anche per chi ha voltato la testa dall’altra parte. Anche per chi non l’ha trovata grave o ributtante. Perché è convinto che la libertà coincida con la propria libertà di parola e di opinione.
Ho avuto anche ragioni di gratitudine per quest’uomo, che una volta tentai (invano) di tutelare nella sua dignità quando pervenne alla giunta delle elezioni a procedere della Camera una richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di un deputato che l’aveva svillaneggiato con linguaggio da trivio. L’autorizzazione non venne concessa in nome -ironia della sorte!- della libertà di opinione…
Ragioni di gratitudine, dicevo. Per come mi accolse in una lontana trasmissione registrata a Lugano ventitre anni fa. Parlammo di mafia, come non si parla in tivù e ancora meno se ne parlava allora, io e Pippo Fava, che conobbi in quell’occasione. Fava venne ammazzato esattamente la settimana dopo. Gratitudine per l’unica, vera, bella intervista fatta a mio padre. Nell’81, prima che tornasse a Palermo. Una lezione, ancora oggi, di giornalismo di riflessione e di approfondimento. Grandissima cronaca, senza alcun protagonismo, come faceva lui. Qualche anno fa fece il gesto, generoso e simbolico, di mandarmi in regalo l’unica copia dell’intervista integrale, senza i tagli apportati dalla trasmissione tivù. Mi fa piacere che l’abbia lei, mi scrisse. Ricordiamolo senza retorica, ma sapendo e ricordando quel che ha subito in un paese dove non c’era una dittatura ma una repubblica democratica nata dalla Resistenza.
Nando
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