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Campionato. Ma i morti non si fermano
Fermare il campionato? Ah, come sarebbe bello poterla considerare un’idea vera, dotata di una qualche vitalità. Lo abbiamo sentito dire, proporre cento volte in quasi trent’anni, da quando celebrammo il primo morto “di calcio”. Ma non lo si è mai fatto. E ogni volta (due, tre?) che ci si è provato, sono state le società, le televisioni, gli sponsor, i politici in cerca di applausi a mandare tutto a remengo. Giusto per ristabilire il principio che in Italia si può fare quel che si vuole: impedire le partite, accoltellare ragazzi, bruciare i treni, aggredire cittadini che tifano per un’altra squadra, saccheggiare gli autogrill. Perché la legalità è una balla, buona al massimo per portare in commissariato (è successo ancora ieri sera, a Milano, nel mezzo della grande festa della Mondadori in piazza della Scala) i tipi come Piero Ricca -quello del “Puffone”- quando esagerano a lanciare frasi (frasi, non pietre o razzi o bidet) contro il leader del centrodestra.
Malinconia, irritazione, davanti ai poliziotti che ancora uccidono mentre “inciampano” o “sparano per aria”. Irritazione e malinconia (pensando alla propria infanzia) davanti alle truppe armate di mazze di ferro che devastano ogni cosa appena gli arriva il pretesto; e che si scatenano indisturbate per città come Roma, e assaltano le caserme come mai si sono sognati di fare i celebri “extraparlamentari” negli anni settanta. Fermare il campionato? Signori, ma il campionato è morto da anni. E i morti non c’è bisogno di fermarli. Ucciso dai Moggi, dal doping e da queste bande di facinorosi allevate a colpi di carezze e comprensione dalle società e dalla politica e ogni tanto mazzolate alla rinfusa dalle forze dell’ordine. Quella cosa chiamata campionato non c’è più. Per questo non ho gioito, nemmeno dentro di me, quando la mia Inter ha rivinto lo scudetto la scorsa primavera dopo diciassette anni. Quello che si chiede di fermare, e che non si fermerà, è un’altra cosa. Mettiamoci il cuore in pace. Piuttosto, trattiamo da criminali veri i criminali veri. E non facciamo più conferenze stampa per dare notizie irridenti dopo una morte per colpo di pistola.
Nando
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