Cip & Ciop. Ovvero Cazzullo & Cossiga

Dunque il governo ce l’ha fatta. La spallata annunciata da un mese non è arrivata. I comprati e venduti finora non sono stati comprati né si sono venduti. Forse sarebbe andata diversamente se il signor B. non avesse fornito identikit alla stampa per settimane, visto che un minimo di pudore alberga pur sempre in tutti (o non è per quello che perfino Cuffaro sente il dovere di dire che la mafia gli fa schifo?).

E sempre dunque, a quel che racconta Repubblica, la vicenda che ha portato all’omicidio di Gabriele Sandri, tifoso della Lazio, non è così innocente come è stata descritta nelle ricostruzioni degli amici. Nulla e poi nulla giustifica chi spara ad altezza d’uomo, specie se la corsa di un’auto può tranquillamente essere fermata con rapido contatto tra “volanti” ai caselli dell’autostrada. Ma all’autogrill, secondo le ricostruzioni della polizia, ci fu un agguato bell’e buono. Tifosi che aggrediscono per fare male, ma male sul serio, come se ognuno non avesse il diritto di tifare per chi crede. E che poi fanno i santerellini. No, bisogna ridare a ogni cosa la sua misura, perché è quella che ci manca. Che manca del tutto, per esempio, a chi filma la ragazza che viene schiacciata dal pullman a Modena e poi manda le immagini in rete. La mancanza di misura come segno di assenza umana. O di intelligenza, che è lo stesso.

La mancanza di misura che ormai attanaglia la coppia d’oro della stampa nostrana. I Cip & Ciop del giornalismo nazionale, alias Francesco Cossiga e Aldo Cazzullo. C&C. Con in più la C del Corriere della sera, nuova versione. Si potrebbe ricamare all’infinito sulle “c”, le “k” e le “z”. Ma risparmiamocelo. Il fatto è che i due soci del nostro “giornalismo storico” (nel senso di storia) stanno ormai, in solido tra loro, e con la benevola connivenza del più istituzionale quotidiano nazionale, inquinando la storia d’Italia. Era già accaduto a settembre, quando Giancarlo Caselli aveva dovuto chiedere al direttore del Corriere, con comprensibile smarrimento, perché un giorno sì e l’altro pure il quotidiano desse quello spazio immenso alle “memorie” di Cossiga. Il quale parla di fatti sui quali nessuno può smentirlo perché ha cura di scegliere episodi i cui protagonisti sono tutti morti. Poi, quando ne sfiora qualcuno ancora vivo, arrivano le smentite. Documentate e convincenti. Sembra uno scenario da commedia buffa. Secondo la quale -fingiamo di vederla  a teatro- il duo funziona così. Al mattino Cossiga si sveglia di buon umore. Chiama qualche generale o procuratore, giusto per essere sempre informato. Poi telefona a Cazzullo e gli fa: “O Cazzullo mio, ce la facciamo un’intervista sugli anni settanta che stanotte mi sono venute un po’ di cose in mente?”. Cazzullo, ancora affranto dalle sue fatiche letterarie del giorno prima, viene attraversato d’incanto da un lampo di piacere, quasi di libidine. “Un’intervista con lei, grande, arguto, infallibile presidente? Ma è un onooooree!!!”. E Cossiga: “Su, Cazzullo, non mi lusinghi, lo sa che mi monto facilmente la testa”. “Ma che dice, presidente, ma lei è il migliore, lo sa che per me la sua parola è vangelo, gli italiani devono sapere dalla sua viva voce quel che solamente lei sa!!”.  “Ma è sicuro, mio bel Cazzullo, che ci faranno fare la novantasettesima intervista in centoventi giorni? Non è che Mieli le dirà di non esagerare, che c’è, diciamo così, un problema di immagine? Sa, questi ex comunisti…”. “ Ma che dice, presidente? Davanti al diritto del pubblico all’informazione, tutto deve passare in secondo piano, non crede? Gli italiani hanno diritto a sapere oppure no?”. “Sì”, continua Cossiga, “in effetti devono sapere cose diverse da quelle che sanno o che si illudono di avere capito. Eh, ma gliele raccontiamo noi, no?”. “Sì, sì,” squittisce Cazzullo che non si tiene più nella pelle e che si è ormai svegliato per l’emozione, “raccontiamogliele, raccontiamogliele, raccontiamoglieleeee!!! (segue orgasmo)”.

E le raccontano. Così l’altro ieri abbiamo saputo che i comunisti e i sindacalisti sapevano dov’era nascosto Moro (bravo il Corriere, questa è la completezza dell’informazione…). E abbiamo saputo che mio padre sarebbe diventato senatore socialista e che Cossiga era convinto che anzi Craxi lo avrebbe fatto ministro dell’Interno. Cossiga mescola cose false, cose ridicole, cose verosimili, cose vere. Se questa fosse vera, allora si capirebbe meglio la ragione dell’isolamento in cui fu abbandonato dal grande corpo della Dc il prefetto di Palermo. E anche il suo omicidio andrebbe letto, almeno sul piano storico, con qualche (importante) sfumatura in più. La misura appunto: questi maneggiano dinamite e sono così intelligenti, Cip & Ciop, che non se ne accorgono nemmeno…

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