Cronache da Gomorra

Perugia come Gomorra? Luogo del peccato e della trasgressione, capitale di sesso e droga, magari senza rock ‘n roll e con qualche libro a fare da specchietto per le allodole? Mi sono guardato intorno ieri, girando per le stradine e per le vie del centro o per le deliziose salite medievali di Perugia. Di qua c’erano i congolesi venuti da tutta Italia a manifestare al suono dei bonghi in favore della innocenza del loro connazionale Patrick Lumumba. Di là gli studenti di sinistra che manifestavano contro Fioroni, reo di avere reintrodotto qualcosa che assomiglia agli esami di riparazione, e che facevano l’eco, il giorno dopo, ai loro colleghi di destra scesi in piazza per la stessa ragione (domanda: ma perché in questo paese ogni parvenza di serietà genera manifestazioni "contro" e la cialtronaggine mai?). Insomma, non si vedevano gli assembramenti di tossicodipendenti, il mercato di eroina a cielo aperto anche di giorno, le scene di vita pericolosa come quelle che, secondo i giornali, sono ormai "la" stessa vista di Perugia. Certo, dove ci sono migliaia e migliaia di giovani che vivono senza controlli  familiari (che te li raccomando poi, certe volte…) ci sarà la libertà sessuale che c’è sempre stata nei campus e nei pensionati o nei condomini universitari. E ci sarà la stessa circolazione di droga che c’è a Roma o a Milano e che, secondo quel mi hanno accennato i miei accompagnatori, viene soprattutto dalle discoteche intorno alla città. E in più le devianze folli che solo questa società (non Perugia) malata e impazzita è in grado di produrre. Ammazzare mentre si fa l’amore…Tant’è che l’imitazione è scattata in Francia, mica in un altro quartiere perugino.

Guardavo i ragazzi dell’Accademia, ieri. Studiavo le loro realizzazioni, i dipinti, le incisioni, le sculture, le creazioni originali (alcune belle, bellissime, posso dirlo?); e poi li guardavo in faccia, li scrutavo, felici com’erano di essere apprezzati. Facce aperte, pulite, non di questo o di quello, ma di tutti;  e pensavo all’immagine che degli studenti perugini e della loro vita è stata data con tanta allegra superficialità sui media. Telchì Gomorra, mi son detto, ricordando Aldo Giovanni e Giacomo. In ogni caso la visita è stata istruttiva (e spero utile). L’Accademia di Perugia sta affogando, è indebitata fino al collo, occorrerà un colpo di reni collettivo per salvarla. Eppure, senza mezzi com’è, funziona e bene. Qui e lì abbiamo rimesso a posto perché veniva lei, mi han detto molto onestamente. Ma la produzione artistica, quella non se la sono certo inventata in una settimana e mezzo. E c’è un bel gruppo di docenti che ci crede. Il che mi rafforza nel profondo convincimento (lo so, sembrerò un provocatore) che spesso i nostri problemi non sono solo o principalmente di soldi. I soldi c’entrano, stima a naso?, per il venti per cento. Poi ci sono le regole, gli ambienti, i "climi", le persone.

Parere condiviso, su altro versante, anche da Antonio Ingroia, uno dei migliori magistrati antimafia su cui possa contare questo paese. Ci siamo incontrati ad Alatri venerdì pomeriggio al festival del cinema, dedicato alla legalità (poi, per me, Conservatorio di Frosinone). Ha detto Ingroia, prendano nota i pessimisti per vocazione: "Non sono stati quindici anni buttati al vento, anche se oggi gli strumenti legislativi e operativi a disposizione sono inferiori a quelli del ’93". Regole, climi, appunto. E ancora, nonostante i minori mezzi: "La cattura di Lo Piccolo è stata importantissima, forse ancora di più di quella di Provenzano. Perché se la mafia ha cercato in questi anni di mimetizzarsi, di immergersi, Lo Piccolo era l’uomo della riemersione. L’impunità del mafioso non è più assoluta. Ed è un fatto storico. Ora bisogna rompere l’impunità della mafia come organizzazione" (testo raccolto dal vostro cronista). Ho trovato questa distinzione tra i due livelli di impunità interessantissima. E, a pensarci, chiama in causa le regole (non scritte) prima di tutto il resto.

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