Diario di viaggio. Sicilia in vena

Il viaggio in Sicilia è finito stamattina. Tre giorni e mezzo intensissimi, che anche se avessi avuto il portatile nella borsa non ci avrei potuto scrivere niente. Mi sono fatto Palermo, Niscemi e Catania. Ambienti diversi, occasioni diverse. Ma da tutte e tre le città un messaggio di fiducia; che farà piacere a chi misura con ansia ogni segno, ogni spostamento che avviene nei rapporti tra Stato e antistato. A Palermo la due giorni di studi sulle mafie in Europa è stata davvero importante. Secondo me uno dei più grandi appuntamenti di riflessione teorica di questi ultimi anni. Impressionante constatare quanta strada si è fatta in venticinque anni, dai tempi della legge La Torre, quando nelle università, sulla mafia, non c’era quasi alternativa tra il nulla e la paccottiglia folcloristica; quando se pensavi di organizzare un incontro in una facoltà non sapevi letteralmente chi portarci a dire cose dotate di un minimo di consistenza scientifica. Impressionante però anche constatare quanta sia ancora la strada da fare. C’è questa maledetta tendenza a finire sempre e comunque nel diritto penale. Si dice che bisogna andare oltre, che il penale non basta; e sempre lì si ritorna. Magari con qualche eco di un paio di decenni fa, con qualche teorico baloccante che mette ancora in discussione il reato di associazione mafiosa, non si dice nemmeno il celebre "concorso esterno". Parlando con Antonio Ingroia ieri a Catania alla commemorazione dei 25 anni del primo numero dei "Siciliani", abbiamo pensato che sarebbe molto utile portare la vicenda del palazzo di giustizia palermitano dentro un corso di storia. Basta con il solo diritto. Il pool, la mafia, l’antimafia, le istituzioni, i sistemi culturali, l’informazione, i movimenti di opinione, l’economia. Sentito oggi il preside di Lettere di Palermo: disponibilissimo. Bene, così racconteremo un pezzo della storia d’Italia visto dalla sua trincea più esposta.

Sempre a Palermo abbiamo preso un impegno che dà (e certo…) un segno dei tempi, della serie "non è vero che siamo tutti uguali". Con Forgione (presidente dell’Antimafia), Maruccia (commissario dei beni confiscati) e il rettore abbiamo convenuto di trasformare in pensionato studentesco, circa cento posti, un immobile confiscato alla mafia nel quartiere di Borgo Vecchio. Il più presto possibile (ma non chiedetemi a gennaio: ancora niente?). Sarà il primo caso.

A Niscemi biblioteca comunale strapiena, anche se c’erano molti dubbi sulla disponibilità della gente a uscire dopo cena. Lì governa un sindaco democratico che ha battuto un assessore di Cuffaro dopo una lotta titanica, nemmeno cinquanta voti di scarto. Mi raccomandano di far sapere che il carciofo di Niscemi è una ricchezza nazionale. La piana di Gela è splendida e piena di carciofi; coltivati, dicono con orgoglio, soprattutto da niscemesi. A proposito: ricordate la polemica contro "Il capo dei capi" lanciata da un politico di Niscemi, che accusava la fiction di promuovere modelli negativi? Be’, pare che il signore in questione tenga nel suo negozio, bene in vista, la foto di Salvatore Giuliano, quello che guidò la strage di Portella delle Ginestre. Non c’è male, no?, come modello.

E infine a Catania le due commemorazioni. Dei 25 anni dei "Siciliani" e dei 20 anni di "Città insieme", una bellissima realtà civile sorta intorno a un prete, padre Salvatore Resca. Tenute quasi in contemporanea, a cento metri di distanza, senza parlarsi. Io mi sono diviso, un po’ di qua e un po’ di là. Siccome voglio bene a tutti i protagonisti, e siccome credo che contro la mafia occorra avere e anche esibire la più grande unità possibile, mi permetto di chiedere da questo Blog di darsi la mano. A proposito. Anche per questo, dopo il piccolo screzio primaverile, mia grande foto a Catania con i ragazzi di Addio Pizzo, con la loro maglietta addosso. Forza, amici, che ce la faremo.   

Leave a Reply

Next ArticleAzouz. Sbatti la privacy in prima pagina