I soldi della ricerca ai politici? Risposta

Rispondo sui soldi della ricerca dati ai politici. Premesso che la legge è praticamente uno sconcio. Premesso che da anni infiniti viene usata per dare mance a istituti di prestigio e istituti sconosciuti. Tutto ciò premesso, dunque, alcune cose vanno precisate. Non si tratta di soldi dati “alla ricerca”, il che renderebbe ancora più grave la presenza – tra i beneficiari – di  centri e fondazioni politici. Si tratta di soldi dati ai cosiddetti “Istituti scientifici speciali”, i quali sono di tutti i tipi: storici, geologici, urbanistici, letterari, politici, sociali, ecc. E non si caratterizzano per l’attività di ricerca, ma per l’attività di divulgazione, di organizzazione di convegni e anche, in qualche caso, di ricerca. Per questi istituti è previsto un capitolo speciale e apposito di spesa, di circa 9 milioni, ai quali va aggiunto un milione e mezzo che viene destinato (per legge!) all’istituto San Pio V. La ripartizione dei fondi tra coloro che ne hanno fatto domanda è stata decisa da una commissione accademica integrata da un avvocato dello Stato, su nomina ministeriale (Università). Per quel che mi riguarda mi sono attenuto al principio che la politica non deve invadere queste sfere decisionali. E quindi non ci ho messo il naso e nemmeno ho fatto una telefonata. Mi pento, come già per i test di medicina. Purtroppo bisogna -ripeto: bisogna – metterci il naso. Lo so, non piacerà, però poi alla fine la responsabilità è politica. Non si può dire a chi governa di starne fuori e poi, al tempo stesso, accusarlo dei risultati. Sono stati finanziati istituti come la fondazione Politecnico di Milano, o la Maugeri di Pavia, o la fondazione Feltrinelli o l’istituto Gramsci (che non è proprio da buttar via solo perché è “politico”) e anche tanta paccottiglia, anche politica (quella citata dalla amica blogghista). Devo dire che il compito della commissione non era facile. Perché doveva fare i conti con tradizioni inveterate, con il ricatto morale pietoso della chiusura possibile dei vari centri, se lasciati senza pubblici finanziamenti. E devo anche dire che, per la prima volta, la commissione ha consegnato al parlamento dei giudizi su ogni domanda pervenuta e spiegato dettagliatamente per quali ragioni aveva fatto certe scelte e non altre. Cosa, ribadisco, che non era mai accaduta. Almeno la trasparenza c’è stata.

Il guaio è che il meccanismo è micidiale. E incoraggia le concessioni a pioggia. Perciò Camera, Senato e governo hanno deciso insieme di cambiare la legge (applicata l’ultima volta con il governo B., prima delle elezioni del 2006). Cercheremo almeno di fissare un criterio di interesse nazionale per ogni istituto sovvenzionato. Che è il minimo. Poi, ovviamente, punteremo ad andare sopra il minimo.

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