Bilancio di Natale. Mistero non buffo

Alle otto di sera del 25 dicembre del 2007 ammetto una volta di più, e per iscritto testimonio, che il Natale ha una carica spirituale misteriosa. Stupefacente. Anche per molti che non sono praticanti. E perfino per molti che sono agnostici o atei. Domanda: gliela diamo noi questa carica, per l’inconscio bisogno di appagare il nostro spirito? Ossia: siamo noi a desiderare un evento spirituale grande, unico all’anno, intriso di mistero, così da essercelo "costruito" attraverso una millenaria convenzione? La sociologia positivista delle religioni direbbe di sì. Se così è, bisogna ammettere che le generazioni prima della nostra hanno lavorato magnificamente. Che hanno costruito, cioè, una convenzione gigantesca, granitica. Qualcosa di indistruttibile. Perché se fosse per la generazione attuale, questa convenzione sarebbe già bella che polverizzata. Quale riposo dell’animo, quale sua sublimazione c’è infatti nella frenesia del viaggiare, del cucinare, del comprare, dell’apparecchiare, dell’indebitarsi per partire, del pensare anche ai più piccoli stimoli e appetiti della materia (manca il paté, e chi se ne frega del paté!?..)? Che riscoperta della persona e del raccoglimento c’è, può mai esserci in auguri impersonali, circolari, non firmati, che ti tempestano da tre-quattro giorni prima del Natale? (parentesi: ma è possibile che degli sconosciuti ti mandino messaggi circolari su un cellulare personale e riservato? chi sono gli sciagurati complici che ti colpiscono alle spalle?). E ancora: che esercizio della mente c’è mai in pensieri da baci perugina che ti arrivano ogni minuto -"la pace del mondo ti avvolga nella serenità"….-, distogliendoti dalla contemplazione o dalla lettura o dall’ascolto dei tuoi figli? In fede mia qui vi dico che se il Natale resiste a questo scatenamento demenziale, questa è la prova, se non che Dio esiste, che qualcosa di simile a lui un giorno è nato da qualche parte.

E a proposito di figli devo dire che grande è stata la commozione che ho provato nel vedere Dora, la mia seconda, fare il presepe per intero. Quello tradizionale di casa, intendo, il più faticoso, roba da fiaccarti gambe e reni, per la tensione muscolare e le acrobazie che richiede. E ha disteso splendidamente le statuine secondo proporzioni e prospettive, essendosi ormai rodata (come assistente e aiuto) alla scuola della regia cinematografica. Prima mio padre, poi io, poi lei. Che bella anche se impietosa cosa le generazioni che si susseguono… Io mi sono limitato a fare il presepe "leggero". Il quale riunisce deliziosamente in ingresso una volta all’anno tutti i pupazzetti di casa davanti a una tipica grotta peruviana. Tutti i pupazzetti che hanno un valore affettivo si danno appuntamento: un puffo, un Obelix, un Assuranceturix, un carabiniere, una pescivendola parigina, un lama, una tigre del nipotino, ecc. Per l’occasione Carlo, l’altro figlio, è tornato eccezionalmente all’ovile. Insomma, con mia grande gioia ha dormito a casa per praticare tutti insieme il rito del risveglio con regali. E a me è sembrato di tornare indietro nel tempo. I miei Gracchi, mi prendono bonariamente in giro gli amici…Sì, i miei Gracchi. Il mistero del Natale (o almeno quello che resiste ai nostri assalti) sta anche nelle loro giovani vite. Buon Natale a tutti i blogghisti, buone e dolci riflessioni notturne. Per le altre c’è sempre tempo.

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