Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Lo stile della Forleo. Ma le altre non scherzano
E i giudici no? Non sono, forse, anche loro uguali di fronte alle leggi (scritte e non scritte), esattamente come si chiede che lo siano i cittadini? La domanda potrà sembrare peregrina, perfino bislacca visto che sui giornali non è di questo che si parla nei giorni che ci portano diritti al 2008. Eppure… Eppure leggo su una circolare telematica (fonte: vicina all’Ordine dei giornalisti della Lombardia) che i giornalisti Maurizio Belpietro e Lino Jannuzzi sono stati assolti dall’accusa di avere diffamato a diverso titolo (Belpietro come direttore responsabile del "Giornale", Jannuzzi come autore dell’articolo)la Procura di Palermo dei tempi di Giancarlo Caselli. Al centro della contesa la sempiterna questione del covo di Totò Riina e della sua mancata perquisizione dopo la cattura del boss, nonché le polemiche che hanno contrapposto, nel merito, la Procura di Caselli-Lo Forte ai Ros di Mori e Ultimo. Jannuzzi fu pesantissimo con Caselli, come già lo era stato con Falcone in vita. E io vorrei (e tra poche parole si capirà perché) non prendere qui parte nella contesa. Avendo subìto infatti personalmente una decina di procedimenti giudiziari per il reato di diffamazione, per il solo fatto di avere espresso opinioni critiche senza mai insultare nessuno, sono particolarmente sensibile alla altrui libertà di critica. Intendiamoci: non mi piace quando si affibbiano insulti a destra e a manca e soprattutto quando si attribuiscono fatti falsi a una persona. Ma penso che la libertà di opinione meriti la più alta protezione possibile.
Per questo non mi sarei stupito e preoccupato (e anche scandalizzato) se il giudice milanese Sofia Fioretta avesse assolto i due giornalisti invocando una interpretazione estensiva delle libertà costituzionali. Il fatto è che, nelle sue motivazioni, il giudice non si limita a questo; e forse non fa nemmeno tanto questo. Ma addirittura si schiera con le critiche dei due giornalisti e dà addosso alla Procura di Palermo e alla sua gestione dei pentiti, levando praticamente la pelle ai magistrati che per anni sono stati i più esposti nella trincea dell’antimafia (così almeno capisco leggendo il testo tra virgolette nella nota telematica).
Ora, come sa chi legge questo Blog, io ho avuto modo di esprimere le mie riserve sullo stile usato in circostanze pubbliche dai due magistrati che più hanno urtato recentemente contro l’ostilità del mondo politico. Ma una cosa dev’essere chiara: se le questioni di stile, di correttezza formale, di procedura, di rispetto dei confini concettuali e semantici propri degli atti giudiziari, vengono poste alla Forleo o a De Magistris, be’, allora devono essere poste a tutti, ma proprio rigorosamente a tutti. E a me sembra che questa sia l’occasione in cui la forma, la procedura, i confini, sono stati platealmente violati. Mi piacerebbe (per l’amore che porto al principio dell’uguaglianza) che non valesse la regola dei due pesi e delle due misure. Ci mancano pure i giudici che, nelle sentenze, fanno il tifo per le ragioni degli imputati. O è tutto regolare?
Nando
Next ArticleNuovi patriottismi. A proposito di Alitalia