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IL PD DIRA’ NO A TUTTI I VOTI SPORCHI
___________________(Europa, 30 gennaio 2008) – “Ma che te ne fotte dello stipendio. Cioè, ma quando hai me, cretino, tu che puoi fare? Ti prendi i diecimila euro di consigliere? E che cazzo sono?”. Così parlò, debitamente intercettato nella sua auto, il consigliere regionale calabrese Domenico Crea, già Ccd, poi Margherita, infine Democrazia Cristiana. Domenico Crea, un nome simbolico della politica meridionale quanto quello (senz’altro più famoso) di Totò Cuffaro, anche lui, un dì lontano, assessore regionale con il centrosinistra. Un nome, quello di Crea, catapultato sul proscenio nazionale dopo l’assassinio del rivale Francesco Fortugno, che lo aveva battuto in preferenze alle elezioni regionali e al quale egli subentrò in Consiglio regionale grazie ai killer. Domenico Crea e Totò Cuffaro. Tutti e due personaggi dotati di corposi patrimoni di voti. Tutti e due coinvolti pesantemente in vicende che hanno sullo sfondo la mafia o i mafiosi (pare che faccia differenza). Tutti e due ben accolti – per i loro patrimoni elettorali – dal centrodestra e dal centrosinistra e di nuovo dal centrodestra. Perché i voti, come i soldi per le banche, non hanno proprio odore.
Perché al sud, così ci viene spiegato, è così che si fa la politica. E chi si ostina a non capirlo è un perdente, un’ anima bella o un moralista che preferisce la “poesia” alla “prosa”. Un fesso insomma.
Ma il partito democratico può avere qualche chance di offrire al paese una nuova classe dirigente, di portare l’Italia nel cuore dei processi di modernizzazione economica, civile, culturale, del costume, se accetta (un po’ alla Lunardi) questa politica, se se ne lascia succhiare il sangue, se cammina fianco a fianco con chi frequenta e aiuta i criminali, contemplandoli nel proprio portfolio elettorale?
Ricordo la mortificazione che provai un giorno a Napoli, dov’ero andato con la commissione antimafia nella scorsa legislatura. Un magistrato riferiva delle relazioni tra politica e camorra e a un certo punto fece il nome di un sindaco o ex sindaco particolarmente colluso. Solo per rendermi meglio conto della situazione chiesi al magistrato di quale partito fosse quel signore. “Della Margherita” mi rispose. Sentii un gelo interiore. Del mio stesso partito, pensai. Lui e io nello stesso partito. Sotto lo stesso simbolo. E il rischio, per me, di vedere sfregiare la mia credibilità politica da quella convivenza, da altre possibili convivenze. Come sfregiata esce (purtroppo) l’immagine del Pd napoletano dal sodalizio tra il consigliere regionale (ex verde) Roberto Conte e il capo camorra Giuseppe Misso, il quale ne ha raccontato ai magistrati che lo stanno interrogando in carcere.
Davvero la politica che si propone di cambiare il paese deve accettare queste compromissioni? A esse, pare, non è riuscito a sottrarsi finora alcun partito di governo. Non seppe farlo la Dc, a cui non bastò il sacrificio di Piersanti Mattarella per uscire con decoro dalla sua storia siciliana. Non seppe farlo il Psi di Craxi, il partito della modernizzazione del paese che, per avere più birra in corpo, non si fece scrupoli di prendere al sud anche il voto più ambiguo (che ha il decisivo vantaggio di essere offerto e preso a pacchetti interi), venendone soffocato. Non ci riuscì La Malfa, il moralista Ugo La Malfa, che fece di Aristide Gunnella (“io non ho bisogno della scorta”) il suo ambasciatore in terra di mafia.
Ecco, se il Partito democratico deve davvero rappresentare la rottura rispetto alle tradizioni e ai costumi politici che hanno tarpato le ali al paese, all’economia, ai giovani talenti, non ha da che prendere davanti a tutti una solenne decisione. Che quei voti non li cercherà. Cercherà tutti i voti singoli che potrà, ma rinuncerà ai voti offerti in blocco dai clan di ogni tipo. E quindi proporrà e filtrerà le sue candidature senza aspettare le sentenze dei tribunali. Direi anzi che la vocazione maggioritaria, la capacità orgogliosa di andar da soli dovrebbero trovare proprio qui il loro vero banco di prova. Perché se toglie credibilità un trenino che parta da Mastella e arrivi a Turigliatto, toglie dieci volte credibilità, a pensarci, una coalizione che tenga insieme i ragazzi di Locri e i cacciatori di voti mafiosi. Veltroni ci sta pensando ma sarà bene che ci pensiamo tutti. A Roma come nelle venti regioni. Nessuna esclusa.
Nando
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