Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Ma che musica Maestro. Piccolo promemoria
Bene. Un altro grande artista, Uto Ughi, ha lanciato il suo grido d’allarme per la mancanza di fondi di cui soffre la musica nel nostro paese. Anche lui ha chiesto che non si dimentichino il peso e il valore delle nostre tradizioni. E che i giovani talenti vengano compensati per gli sforzi che fanno per emergere, “per pura passione e veri ideali”, come ha felicemente detto il Maestro. Giusto, giustissimo. Starei per dire “musica per le mie orecchie”. E’ importante, ne sono arciconvinto, che aumenti il numero degli artisti e intellettuali decisi a richiamare l’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica su un fenomeno che ha ormai qualcosa di misterioso e patologico. Chissà mai che non cambi qualcosa davvero nella profondità delle menti e dei bilanci dello Stato.
Però… C’è un però che non riguarda Uto Ughi, bensì un altro post che lasciai su questo Blog in gennaio. Lo scrissi dopo l’analogo allarme di Maurizio Pollini, cui un’edizione serale del tiggì diede ampio e doveroso spazio subito dopo le feste natalizie. In realtà Pollini fu ancora più diretto. Si rivolse esplicitamente ai politici, chiedendo loro di fare di più per la musica e invitandoli anzi ad andare nei Conservatori. A vedere, ad ascoltare i nostri giovani e giovanissimi musicisti. Be’, rimasi piacevolmente colpito dal vigore e dalla intensità di quell’appello, soprattutto dopo la delusione provata di fronte alle poche risorse date alla nostra alta formazione artistica e musicale nell’ultima Finanziaria (sempre più che con la Moratti, sia chiaro…). Tanto che presi al volo l’occasione per rilanciare il senso del suo appello in una lettera al presidente della Repubblica. E che cercai Pollini più volte, visto che era a Roma. Ha fatto appello ai politici, pensai, e io sono quello che per ruolo di governo nei Conservatori ci deve andare e ci va. Chissà che non si riesca a vedere insieme come darci forza nel perseguire questa missione. Volevo parlargli e avere anche qualche suggerimento. Non ricevendo alcuna disponibilità telefonica per un incontro, gli mandai anche una lettera, credo assai gentile, per mettergli per iscritto la mia ammirazione per quanto aveva fatto per la musica italiana, la mia condivisione per il senso delle sue dichiarazioni, la mia più piena disponibilità a recepire indicazioni e idee. Forse non ci crederete, ma non ho mai ricevuto risposta. Da allora è passato più di un mese. Vuol dire che il senso placido delle urgenze e la lunghezza dei tempi non sono virtù esclusive dei politici. Vuol dire che le parole hanno una loro autonomia anche nella società civile. Nel frattempo è caduto il governo… Peccato anche per questo…

Nando
Next ArticlePiddì. Le buone rivoluzioni