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Di ritorno dal Piddì. Dal vostro inviato a Roma
Olà, di ritorno dall’assemblea del Piddì. Ecco in ordine sparso un po’ di note positive. Il clima, prima di tutto. Come se tutti fossero animati non da una patetica speranza, ma da un’ intima, vera fiducia nella possibilità di vincere. Questo "fa", datemi retta. Ricordo, a mie spese, la fiducia della Lega nonostante i sondaggi contrari a Milano nel ’93. Ricordo, con piacere, anche se su scala minore, la fiducia in se stessa della squattrinata Rete in Sicilia e non solo. E quella dell’Ulivo vincente nel ’96. E quella titanica di B. nel ’94 e poi di nuovo nel 2006, di fronte alla nostra supponenza. Poi, altra nota positiva, il paesaggio umano, che con il clima di cui sopra c’entra un bel po’. Finalmente donne e giovani per davvero, come già alla prima assemblea costituente. Sembra (ed è un incanto scoprirlo) che sia tutta la società a far politica, non solo i maschi dai quaranta in su. Poi il fatto che nessuno abbia voluto fare le conclusioni (anche qui: dettaglio liturgico non da poco). Poi ancora la notizia della disponibilità della Finocchiaro a candidarsi a presidente della Sicilia. E il discorso di Veltroni. La sua generosità verso Prodi, forte, convinta, come sotto gli assalti di Vespa & C. a "Porta a Porta"; e una certa nettezza su alcuni princìpi, ad esempio la incandidabilità dei condannati per i reati più gravi e contro la pubblica amministrazione, o la necessità di valorizzare i meriti in una società che sembra volerne fare a meno. Colgo anzi al volo questa questione per dire che il primo criterio per discriminare tra i parlamentari non può essere quello degli anni trascorsi nelle istituzioni, che mi ricorda tanto le anzianità di carriera delle burocrazie romane. Dovrebbe esserci un principio assai più secco e incisivo: amico, hai fatto una sola legislatura, dici? Ma in commissione a lavorare ci andavi (il capogruppo può certificare)? O stavi qui solo a premere i bottoni, leggendo il giornale in aula? Altrimenti, domando io, che Italia fondata sul merito può costruire un partito fondato sulle pure regole di anzianità? Ecco, anche questo ho pensato, stavolta con inquietudine, gustandomi le tante sensazioni positive (non ultima una mensa a prezzi popolari e di buona qualità; consiglio vivamentela Fiera di Roma).
Osservazione di Michele Salvati alla partenza da Milano al sabato mattina: sembra di essere a una gita scolastica. Un po’ era vero. La bambinitudine è sempre in agguato. Osservazione di Lidia Ravera a Roma: qui se uno va al microfono e dice "ho ventisei anni" si prende un applauso. Timori sull’ideologia del ringiovanimento. Giovani sì, ma che abbiano fatto qualcosa, per favore. Per esempio il ragazzo della Valpolicella che ho incontrato ieri, che organizza indefessamente attività culturale da solo con i suoi amici e non ha un nome conosciuto, è un giovane che merita?
P.S. Detto da uno che è nato e cresciuto in caserma e che andava a dormire ascoltando il "Silenzio" suonato meravigliosamente dall’appuntato Bonizzi. Siamo sicuri che sia un vero omaggio all’inno nazionale usarlo nei convegni di partito? Lo so, lo fanno tutti. Però…
Nando
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