Il balcone di Giulietta

Allora è ufficiale. Il festival di Ancona si farà. In luglio. Lo promuoverò (con l’ottimo aiuto degli enti locali) qualunque sia il mio destino politico. Sarà dedicato completamente ai giovani dell’Alta formazione artistica e musicale, perché nonostante le critiche e le lamentazioni -alcune giuste giustissime-, mi hanno, udite udite, conquistato il cuore. Sarà un trionfo, vedrete, di musica, di arti visive, di teatro, di danza. Anche di musica antica, che per la prima volta è stata introdotta nel premio delle arti del Ministero e di cui ieri sera ho seguito la finale a Verona. Stupendo ascoltare ragazzi e ragazze impegnati su musiche di secoli lontani con strumenti di secoli lontani (le corde di violino fatte di budello…). Vederli tirar fuori l’anima sull’oboe o sul clavicembalo.

A Verona, poi…Già perché in realtà io mi sono appassionato alla musica antica, ne sono stato letteralmente rapito, quando a vent’anni ho visto “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli. Quella storia d’amore e quei versi e quelle musiche mi riportarono al cinema per cinque volte (evabbe’ che ci posso fare…). Così stamattina prima di tornare a Roma mi è venuta voglia di passare cinque minuti a vedere la casa di Giulietta, che era vicina all’albergo e che non vedevo da decenni. Ci sono andato con il dottor Morese, che per il Ministero fa da efficientissimo segretario al premio. Quando abbiamo chiesto a una passante dove fosse la casa di Giulietta sono scoppiato a ridere pensando che senz’altro la signora ci avrebbe preso per dei perditempo. Poi, gira di qua, gira di là, ci siamo arrivati. Altro che i lucchetti di Ponte Milvio! C’erano cuori e scritte e memorie in numero infinito tracciati a matita a penna o a pennarello o con lo spray sotto la volta che porta dalla strada al cortile del celebre balcone. Ma incredibilmente non offendevano il luogo, almeno mi è sembrato. Perché il luogo è al di sopra del tempo e al di sopra di tutto. Basta leggere i due versi di Shakespeare sul balcone da cui Giulietta appariva a Romeo e ci si commuove. Ha una forza indescrivibile quella piccola architettura di pietre. Non so se ne rendessero conto i giapponesi e le giapponesi che in massa (ci avevano avvertito) si fanno fotografare accanto alla statua di Giulietta in ogni posa, ma credo che Shakespeare abbia dato la misura, irraggiungibile, di come la poesia può dare valori sublimi a cose inerti.

Un grande amore…Ne ho conosciuti pochi di grandi amori. Uno sicuramente è stato quello tra mia madre e mio padre. Totale, resistente a ogni difficoltà, forte e delicato insieme. Oggi, trent’anni fa, si interrompeva. Mia madre, o meglio il suo cuore, trovò impossibile convivere con la paura del terrorismo. Sotto il balcone di Giulietta, sotto il simbolo di un altro amore impossibile, ho ripensato -mi è venuto così- a lei, a loro.

Leave a Reply

Next ArticleHo conosciuto una vera Dem