(Serio) proponimento pasquale. Basta Esselunga

Pasquetta di sole a Milano. Mando da qui il mio sentito ringraziamento alle previsioni del tempo che annunciavano burrasca continua sulla Liguria. Grazie di cuore alla loro romantica incompetenza… Me tapino. Amici carissimi mi avevano invitato a Camogli e io non ci sono andato per non fare il pieno degli acquazzoni italici dopo quello di Roma. Così loro oggi mi telefonano: "vedessi che sole, qua gli albergatori vogliono fare causa alle previsioni del tempo, non si parla d’altro". Be’, io non farò cause, mi ciuccio solo gli effetti. E ho comunque qualcosa d’altro di cui parlare.

Ho saputo infatti in questi giorni ciò che mi era sfuggito durante una delle mie assenze da Milano. La storia si ambienta in una Esselunga della parte sud della città. Protagonista e vittima, una commessa. La quale ha problemi di reni e dunque deve andare più frequentemente delle sue colleghe ad assolvere alle proprie necessità fisiologiche. Chiede dunque a un certo punto di potersi assentare dal posto di lavoro per andare in bagno. Le viene negato. Lei spiega le ragioni, esibisce perfino il certificato medico. Niente. La poverina (detto nel senso più affettuoso e solidale, sia chiaro) non resiste e vive l’umiliazione infinita di doversela fare addosso. Già questo dovrebbe indurre alla sollevazione una clientela appena sensibile alla dignità non dico del lavoratore ma della persona. Ma c’è di più. La commessa pensa, giustamente, di rivolgersi a quel punto al sindacato. Volete sapere la risposta dell’Esselunga, nella persona del suo responsabile locale (a che titolo lo sia non mi importa un fico)? La commessa viene portata in uno stanzino e riempita di botte. Non uno schiaffo, ma trenta giorni di prognosi. Avete capito bene, trenta giorni. Questo mentre altrove si danno tre giorni di malattia senza alcun controllo medico. Allora, io ho deciso quanto segue. Ho un’Esselunga vicino casa, aperta spesso nei giorni di festa. Oggi non vado neanche a vedere se è aperta, pur avendo il frigo sguarnito. Non ci andrò più. Non andrò più in nessuna Esselunga, e con me mia moglie Emilia. Meglio farsi chilometri nei dintorni che dare un euro a chi tratta così i lavoratori. Già, perché queste cose non accadono a caso; queste cose sono assolutamente ma proprio assolutamente impensabili se non entro un clima molto particolare. Proprio, fatte le debite ma non troppe differenze, come alla Diaz o a Bolzaneto. Insomma io non ci comprerò più niente. A loro non fregherà nulla, con il fatturato che hanno. Ma io voglio spendere bene anche la mia coscienza di consumatore. Se poi qualcuno la pensa come me, registrerò con piacere l’affinità elettiva. Siamo uomini o caporali?

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