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Conflitto di interessi
(l’Unità, 6 aprile 2008) – La tigre in sonno si sveglierà. Si renderà piacevolmente conto che davvero "domani è un altro giorno". Si guarderà intorno soddisfatta. Avvertirà la brezza favorevole del primo mattino, sentendosi più in forze che mai. E incomincerà a cacciare le sue prede. Quella tigre si chiama conflitto d’interessi. Mai estirpato, solo sopito. L’uomo più ricco del paese, l’uomo che ha moltiplicato i suoi patrimoni in quindici anni di attività politica, iniziata proprio per difendere quei patrimoni dai comunisti (complimenti, ci è riuscito piuttosto bene…), riconquisterà il potere politico e da lì contemplerà le praterie che si apriranno alle sue mille imprese. Industria tradizionale, industria avanzata, servizi tradizionali, servizi avanzati: tutto sarà esplorato per potere valorizzare un capitale immenso, già diversificato in decine di attività. Tutte le nuove avventure saranno vagliate con l’occhio critico (e classico) del capitalista. Ma anche con l’occhio particolare di chi, rispetto agli altri capitalisti, sa di avere una formidabile carta in più, una carta che lo porrà cento spanne al di sopra della concorrenza. Non l’intuito soprannaturale, non il management galattico, non l’invenzione epocale. Ma il comando politico. La possibilità di prendere le decisioni politiche utili alla massimizzazione dei suoi interessi: le regole del mercato interno, le condizioni e i criteri di accesso alle risorse pubbliche, i limiti e i confini della competizione internazionale. La possibilità di assegnare risorse (incentivi, fondi settoriali) attraverso le leggi finanziarie. La possibilità di manovrare la leva fiscale in relazione ai propri interessi.
Senza contare il potere concreto, altro che "moral suasion", di indurre il sistema bancario a comportamenti di favore verso le proprie imprese. Insomma, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi riunirà in sé il massimo potere economico e il massimo potere politico. Molto più potere politico di due legislature fa. Perché nel frattempo i suoi parlamentari sono diventati (come tutti) di totale nomina partitica, ossia dei dipendenti. Perché stavolta egli capeggerà da proprietario un partito che ingloberà anche la disciolta Alleanza nazionale. E perché la sua maggioranza non dovrà più fare i contri con le turbolenze dell’Udc di Casini, mandato a svaporare all’opposizione.
Potere economico e potere politico, dunque. Dove ognuno dei due poteri rafforzerà l’altro in una rincorsa folle, che spingerà a un certo punto, con assoluta naturalezza, a volere rimuovere gli ostacoli che dovessero in qualche punto rendere quella rincorsa più vischiosa o faticosa. E allora, stiamone certi, tornerà di moda un certo modo di discutere della "riforma costituzionale per modernizzare il paese" di cui nessun democratico ha perso memoria. E allora torneranno di moda le pressioni su ogni organismo o funzione in grado di rallentare la rincorsa della tigre impazzita: i giudici e il Consiglio superiore della magistratura,la Corte Costituzionale, la stessa presidenza della Repubblica, già oggi velatamente tenuta sotto pressione. E la stampa, naturalmente. E le televisioni.
Già, perché finora non abbiamo parlato del Berlusconi imperatore delle tivù, abituale (e talora stanco) punto di partenza di ogni ragionamento sul conflitto d’interessi. Ma, chiarito lo sfondo, bisogna pur parlarne. Perché i poteri che si raduneranno in una sola persona saranno, in realtà, non due ma tre (non c’è due senza tre, infatti…): economico, politico e mediatico. In una circolarità perfetta quanto devastante per il tenore e la vitalità della democrazia. L’uomo che già dall’opposizione usava la tivù pubblica (non solo le sue) in ogni modo contro l’avversario politico, compreso l’uso lubrico delle veline per aprire crepe nella maggioranza di governo, avrà il pieno controllo di tutto. E ogni rispetto dei diritti, ogni osservanza dei princìpi democratici saranno rimessi al suo buon cuore o alle reminiscenze/ insorgenze liberali di alcuni suoi consiglieri o parlamentari. Sarà la democrazia come "concessione", insomma.
Un quadro troppo fosco? Dati i precedenti, non sembra. Per fortuna però il quadro che è stato qui presentato all’indicativo futuro è solo una possibilità della storia. Proprio così. Quel che avverrà dipenderà da come si vota. Non dimentichiamolo e non facciamolo dimenticare da qui al 14 aprile.
(P.S. Lo so bene. A questo punto qualcuno chiederà : "e allora perché non avete fatto la legge sul conflitto d’interessi?" Risposta: perché al Senato non c’erano i numeri per farla passare. Conseguenza strategica: cerchiamo – in ogni caso – di non dargli i numeri al Senato nemmeno noi…).
Nando
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