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Addio Lubiana bella. Ritorno postelettorale
Ok, è andata così. Anzi, ok un piffero. Tutto è stato meticolosamente preparato per andare verso questa conclusione. Non dico verso i singoli risultati elettorali, ma certo verso la riconsegna gaudente del Paese (scritto con la P maiuscola) a B. (sempre scritto con la B maiuscola, per altre ragioni). Io voglio vedere se questa scientifica operazione di riconsegna produrrà un minimo di ricostruzione storica: delle responsabilità, degli errori, delle ambizioni irrefrenabili, dei narcisismi, delle inconcludenze, delle miopie politiche. E qui mi fermo, per non gettare fuori d’impeto quello che accumulavo dentro di me man mano che i miei amici sondaggisti neutri mi davano le previsioni vere; dai sei ai nove punti, altro che la più grande rimonta della storia e altro che siamo a un’incollatura. Lo so, chi guida una campagna elettorale, è obbligato moralmente a dare speranza. Ma io da giorni, non da lunedì sera, covo dentro di me questa voglia di rimettere finalmente tutto in ordine. Lo farò con calma, con la dovuta calma.
Intanto vi comunico che in Europa si discute dello spazio della ricerca europea, della mobilità dei cervelli, della loro circolazione. Con tutte le preoccupazioni del caso. Residenze per i giovani ricercatori stranieri. Contratti di lavoro anziché borse (posizione del Lussemburgo), banche europee dei valutatori (Lettonia), giusto per dire che anche i paesi meno potenti producono idee e proposte. A me è sembrato giusto mettere l’accento sulla necessità di formare, anche partendo da alcuni grandi progetti dell’Unione, la prima generazione di ricercatori europei. Senza bisogno di fare nascere istituti europei cosiddetti “d’eccellenza”. Ma facendo appunto “circolare”, facendo scambi e premiando chi li realizza. Confessione piccola piccola: che senso di malinconia fare proposte a nome dell’Italia sapendo che il proprio governo è già finito e che chi verrà al tuo posto probabilmente non la penserà come te. Ti sembra di parlare giusto perché nessuno possa accusarti poi di essere andato a Lubiana a sbafo.
La quale Lubiana è cittadina deliziosa. Con un centro storico affascinante e praticamente vuoto, anzi assolutamente vuoto dopo le sette di sera e nei week-end, quando tutti vanno nei grandi centri commerciali fuori città. Con l’eroica piazza in cui fu dichiarata l’indipendenza trasformata in un grande parcheggio. In compenso le periferie sono carine e ordinate -senza file di palazzoni-, dietro il parlamento fioriscono i tulipani, gli studenti universitari pranzano convenzionalmente in quasi tutti i ristoranti cittadini con un euro (stipendio mensile medio 800 euro), praticamente tutti i giovani suonano uno strumento musicale. E al tramonto alcuni ragazzi si sfidano andando in bicicletta sul parapetto dei ponti sopra la Ljubljanica, il fiume color “biondo-Tevere” che attraversa la città. Quanto alla residenza di Tito, dove abbiamo pranzato tra vasellami mai visti, be’, il capo si trattava proprio bene. Addio Lubiana bella, potrò dire “c’ero anch’io” quando è nato “il processo di Lubiana”. In Italia altra storia. Proverò a parlarne stasera a Gattatico al Fuori-Orario. Per iniziare in bellezza, con Alfa10 e Robertoli.
Nando
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