Su la testa. L’esempio di Eva

In attesa di avere i risultati del ballottaggio romano, vi regalo comunque una piccola ragione di speranza. Si chiama Eva, ha ventitre anni (credo),è studentessa alla Cattolica di Milano. Laureanda in Scienze politiche, biennio di specializzazione in qualcosa che assomiglia alle relazioni internazionali, dopo avere preso la laurea triennale in qualcosa che assomiglia alla cooperazione, pace e sviluppo (sapete com’è, con le migliaia di corsi  di laurea che ci sono in giro è difficile praticare l’esattezza della memoria). Eva è palermitana e sta facendo una tesi sull’antimafia sociale (insomma, quella che non è giudiziario-repressiva o politico-istituzionale). E’ venuta a trovarmi oggi per intervistarmi. Fin qua niente di strano, c’è sempre qualcosa di buono che alligna nella nostra società. Mai troppo per cambiarla davvero ma mai troppo poco per lasciarla così com’è. Di Eva mi hanno invece colpito alcune cose. Anzitutto veniva da un viaggio in Sicilia, dov’era andata a votare. Un viaggio in treno. Come facevo io da ragazzo, ma come non fa quasi più nessuno studente universitario (sono 22 ore quando si è in perfetto orario, con lunghi tratti in piedi se non hai prenotazione). Lei sapeva le tariffe ferroviarie con rara competenza, e vi aggiungeva i dieci euro di cuccetta spesi stavolta per riposare, tra viaggiatori berlusconiani e adirati con Veltroni "maleducato" perché ha detto ai mafiosi di non votarlo. Ragazzi costretti a stare fuori casa misurando sul serio i soldi: non ne vedevo più da tempo (non ditemi che ho perso i contatti con la realtà…). In secondo luogo Eva è arrivata a casa mia portandomi un vassoio di pasticcini, presi a Milano. Dice: e tu, venale che non sei altro, la apprezzi perché ti porta i dolci? No, il tema è il modo di intendere le relazioni umane. Io le ho chiesto: ma che bisogno c’era? Lei mi ha risposto: perché lei è stato gentile a ricevermi in questi giorni. Tra tante cattive maniere, lo ammetto, questo modo di ragionare mi ha conquistato come un fulmine. Figurarsi poi quando ho saputo che stavolta aveva dovuto spendere dieci preziosi euro in più per la cuccetta. Ma soprattutto Eva mi ha dato speranza per la serietà e la partecipazione con cui sta facendo la sua tesi. A un certo punto ho esagerato a fare il prof e le ho detto che una scelta di metodo era sbagliata. Lei mi ha ascoltato educatamente, poi mi ha spiegato (di fatto e con buone motivazioni) perché aveva ragione lei. Parola mia che rare volte ho visto una tale competenza e soprattutto una voglia di capire così profonda. Perché il papa nell’82 non nominò in Sicilia la parola "mafia", perché la frattura tra Sciascia e il movimento, la solitudine di Falcone, perché gli antimafiosi perdono in politica, ecc. Due cose ancora mi hanno colpito di lei. La prima è che quando le ho raccontato di avere fatto la tesi sulla mafia, mi ha detto: lo sapevo, lei ha intervistato altre persone trentacinque anni fa e ora io sto intervistando lei per fare un’altra tesi sulla mafia. Sembra quasi una cosa senza fine. Brivido, vedendo il suo sguardo di ragazza in ansia. La seconda è che si è allietata, è letteralmente diventata felice, quando le ho spiegato che il movimento antimafia è esistito (esiste) veramente, e a livello nazionale. Le ho raccontato una quantità di episodi di cui sono stato protagonista, testimone, spettatore diretto. Di cui nulla sapeva. E mentre parlavo lei sorrideva. Allora non è un’invenzione, allora non è stata poca cosa, commentava. Già, così le avevano raccontato altri intervistati, sempre inclini a vedere nero anche dove c’è bianco, a deprezzare quanto di buono fanno con fatica, immensa fatica, gli uomini di buona volontà. Le ho indicato testi, storie, persone, libri (ci scommettete che le ho regalato "Storie"?). Ma il suo sorriso alla scoperta che un movimento c’è stato ed esiste davvero mi è apparso impagabile. Una finestra sul futuro possibile. Mettete insieme Eva e Giuseppe, il ragazzino dodicenne del post precedente. E poi uniteci questi nuovi poliziotti e magistrati che prendono i latitanti senza mai farsi scappare una soffiata. E questi insegnanti che continuano dopo vent’anni a formare nuove generazioni, con tutte le delusioni che si sono presi e lo stipendio che prendono (uguale, maledettamente uguale a quello dei parassiti, è il sindacato bellezza…). Lo so, il voto non è andato bene, Veltroni è stato troppo maleducato. Però godiamoci questi slanci. Che ci sono. E aiutiamoli. E non togliamo mai loro la speranza. 

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