MANTOVA E’ ROCK. Al via il MMF, il Controfestival che ha vinto la sfida della qualità

(Europa, 21 maggio 2008) – La mia vita è come un Rock. Piacerebbe a tutti poterlo dire. Ma non tutti possono. E anche se lo dicono spesso di ingannano. Perché il rock è corsa, rottura di convenzioni, superamento di frontiere. È compagnia e solitudine insieme. È anche respiro profondo, il respiro di chi ha corso; pausa di riflessione, ritorno fulmineo e nostalgico alle radici. Come le melodie mozzafiato che irrompono a sorpresa nei concerti di Bruce Springsteen, che oggi del rock è diventato il simbolo più genuino. Ed è facile illudersi di correre quando si è fermi, o di guardare alle radici quando le si tradisce. “La mia vita è come un Rock” è appunto il tema della quinta edizione del Mantova Musica Festival  che prende il via stasera. Il genere musicale più amato e rivoluzionario del dopoguerra preso a pretesto per interrogarsi sul senso della vita. Per chiedersi se oggi sia ancora vivo il desiderio di correre e superare le frontiere, o se sia assopito, o se le frontiere che si sogna di oltrepassare siano solo virtuali.

Musica e vita, musica e società. Musica e musica. Perché il Mantova Musica Festival è davvero un inno al piacere della musica.


Il contesto urbano e architettonico entro cui si svolge sublima i suoni e le performance degli artisti, crea – esibizione dopo esibizione – un clima umano particolarissimo. Fatto di armonie e di solidarietà, di curiosità e di incontro. La disposizione dei concerti su tutto il territorio cittadino e la totale gratuità dell’offerta creano un pubblico circolare e fluido ma al tempo stesso attentissimo nell’ascolto di ogni singolo brano, si tratti dell’artista di successo o della promessa sconosciuta scelta dalla direzione artistica, che si può ormai vantare di avere portato a Mantova quasi tutte le più importanti novità della musica italiana.

Hai voglia, insomma, a dire che l’Italia è piena di festival e che uno vale l’altro. Qui ce n’è uno che si è ormai conquistato una sua identità precisa e suggestiva che ne fa altro dal resto.
Iniziò tutto cinque anni fa per un moto supremo di insubordinazione civile. Verso il governo e verso la Rai, che avevano voluto imporre come direttore artistico del Festival di Sanremo Tony Renis, il cinguettante amico – dichiarazioni sue – di noti boss mafiosi siciliani e d’oltreoceano. Battezzato per questo “il Controfestival”, il MMF superò la prova a pieni voti, portando sulla scena gruppi e artisti di grande valore proprio mentre a Sanremo il picco degli ascolti lo faceva Mino Reitano. Poi, dopo quell’azzardo a rotta di collo, il Mantova Musica Festival ha preso il volo. Puntando sull’originalità delle formule più che sull’ossessione dei grandi nomi. Un tema civile o culturale sempre diverso a fare da filo conduttore (l’anno scorso “ I muri”), una diffusione dei concerti in tutto lo spazio urbano e, a ogni ora del giorno e della notte, la presenza dei giovani e giovanissimi talenti dei conservatori italiani, la rinascimentale piazza Leon Battista Alberti dedicata al jazz dal tramonto a mezzanotte, e l’intreccio leggero di musica e parole, la proposta a getto continuo – tra artisti carichi di fama – di nuovi interpreti e autori di bravura talora stupefacente.

Quest’anno il cuore del Festival sarà, naturalmente, il rock, soprattutto nelle notti a Campo Canoa, mentre nei tardi pomeriggi un Tir porterà per i quartieri le band mantovane impegnate in esibizioni mobili. Ma l’evento culminante delle cinque giornate sarà sicuramente la Messa Rock. Un appuntamento unico, attesissimo, che avrà per protagonisti don Luigi Ciotti e don Gino Rigoldi, due celebranti “rock” ideali, se è vero che entrambi sanno bene che cosa significhino le corse per l’Italia, quali siano le frontiere sociali e mentali che dobbiamo superare e ben conoscono, anche, il bisogno di riscoprire radici e anime in una società smarrita e in crisi. Con loro e intorno a loro la musicalità di Antonella Ruggiero, di Raiz, di Delmar Brown e degli Ardecore; e i versi musicati del Cantico dei Cantici recitati da Lucia Vasini e Pamela Villoresi.
Forse si misurerà lì, in quella straordinaria combinazione di spiritualità e di musica, la vera capacità che abbiamo di rispondere senza autoinganni a quelle domande: dove stiamo andando, che senso stia prendendo per noi la vita, se siamo ancora capaci di correre e, ogni tanto, di guardarci veramente indietro.

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