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Politica e tangenti. PERCHE’ ACCETTO LA SFIDA DI GENOVA
(l’Unità, 2 giugno 2008) – Ma chi te lo fa fare? Da quando Marta Vincenzi ha annunciato al consiglio comunale di Genova il mio impegno al suo fianco nell’amministrazione della città, torna incessante questa domanda da parte di amici giornalisti e da parte di chi è, o ritiene di essere, ben informato sui fatti genovesi e sui loro sviluppi prossimi venturi. E’ una processione di interrogativi. Ispidi e preoccupati. Chi te lo fa fare di avventurarti in una situazione compromessa, di infilarti in un clima infido in cui la magistratura sta grattando che è un piacere? Perché rischi di associare il tuo nome a un’esperienza amministrativa che domani o dopodomani potrebbe trascinarti in una bancarotta morale? E perché tu, proprio tu, ti presti a fare da foglia di fico a un’amministrazione infarcita di inquisiti? E infine, e a parte: ma perché vai in soccorso del Pd dopo il trattamento che hai ricevuto alle ultime elezioni politiche?
Siccome domani farò il mio primo ingresso a palazzo Tursi per incontrare il sindaco e disegnare con lei una prima strategia di azione, credo giusto rispondere pubblicamente a queste domande. E inizio ricordando il rapporto costruito con la città di Genova nei cinque anni in cui l’ho rappresentata nella qualità di senatore della Repubblica. Anni (2001-2006) di opposizione dura, in cui il centrosinistra cittadino mi fu a fianco nelle difficili battaglie parlamentari sulla giustizia e anche nel cammino politico che avrebbe poi portato al partito democratico. Anni in cui coltivai un rapporto stretto – di rappresentanza istituzionale e politica ma anche umano – con il collegio genovese, organizzandovi o partecipando a convegni, seminari, ricerche, manifestazioni, dibattiti (spesso nelle case private) e ricevendone sostegno, incoraggiamento, perfino affetto. Ho poi proseguito questo rapporto nella mia attività di governo, in particolare promuovendo la nascita del polo artistico-culturale genovese, investito della specifica missione di aprire la città agli scambi culturali con la grande area del Mediterraneo occidentale. Insomma: mi è stato chiesto di mettermi al servizio di una città che mi ha dato molto e a cui ho già cercato di dare. Non solo.
La prima cittadina, che ho avuto modo di conoscere e stimare proprio durante quegli anni, mi ha chiesto di aiutarla non in un momento qualunque, ma in un tornante decisivo della vita pubblica genovese. Per uscire da una crisi generata da una pluralità di comportamenti “disinvolti” (dirà la magistratura se penalmente rilevanti o no), per restituire credibilità morale alla giunta. Per dare a Genova il ruolo che le compete, anche sul piano dell’ immagine, nel panorama nazionale e internazionale. Per non chiudere baracca e burattini -per colpa di alcune persone- una amministrazione impegnata positivamente su più fronti, da quello dei conti pubblici a quello dei servizi sociali. Per non mettere d’improvviso la parola fine su uno dei pochi governi di grandi città ancora guidati dal centrosinistra.
Che cosa avrei dovuto fare davanti a questa richiesta di aiuto? Sono partito dal presupposto che Marta Vincenzi sia persona seria, appassionata e affidabile. Tutto il resto ne è disceso di conseguenza. Genova meritava impegno ed entusiasmo. Sia chiaro. So bene come in una città priva di alternanza politica possano prodursi incrostazioni clientelari e particolaristiche nell’ossatura e nelle nervature del potere. So come il fitto intreccio dei parallelismi tra economia, politica e società possa produrre reti di relazioni soffocanti in grado di generare corruzione. Come vi si possano scatenare meccanismi carrieristici in totale autonomia dai valori che rendono degna la politica. Tutto questo so. E tuttavia se la mia presenza può servire a far saltare alcune di queste incrostazioni o a metterne al riparo alcuni gangli vitali del governo cittadino (e di un governo del centrosinistra, insisto), io ci sono. Di più. Sono felice di esserci. E’ una sfida, non c’è dubbio. Una sfida difficile. Ma io, come tanti e diversamente da altri, non ho mai inteso la politica come rendita di posizione, come regalia di un padrino, come astuto accovacciamento nel rosso dell’uovo. Penso, come tanti, che la vita stessa, non solo la politica, sia successione di sfide mai uguali. Ebbene, questa è esattamente la nuova sfida che mi è stata proposta due domeniche fa quando, mentre era in corso il Mantova Musica Festival, Marta Vincenzi mi ha telefonato chiedendomi, a proposito della messa rock del mattino, “perché queste cose non vieni a farle a Genova?”, per poi avanzare i termini più profondi e politici della sua proposta. Una sfida difficile. Ma che accolgo tanto più volentieri perché mi consentirà di impegnarmi direttamente su quei grandi progetti culturali che ho sempre ritenuto prioritari per il tenore civile di un paese, e che spiegano più di ogni programma declamato l’identità di una coalizione di governo.
Dice: e la foglia di fico? Non rischi di farla? Non credo. In ogni caso non la farei per nessuno. Per temperamento e per un codice etico a cui ho sempre cercato di attenermi. Il fatto è che il sindaco non mi ha chiesto di prestarle solo il mio nome. Magari per un’operazione di facciata. Mi ha chiesto invece di aiutarla, con Andrea Ranieri e con altri, a imprimere una svolta al cammino dell’amministrazione. E io a questa richiesta sarò fedele, comunque pronto -se le resistenze dovessero mostrarsi insuperabili- a tuffarmi nelle esperienze dell’impegno civile e nell’insegnamento universitario. Quanto poi all’idea di rendere pan per focaccia al Pd per l’esclusione dal parlamento, confesso che la cosa non mi è passata per la testa nemmeno per un secondo. Sia perché non confondo una città con un partito; sia perché, semmai, ho vissuto con orgoglio il fatto che, escluso dalle liste elettorali con la motivazione che bisognava “rinnovare l’immagine del Pd in parlamento”, sia stato chiamato nel momento del bisogno per “rinnovare radicalmente” l’immagine della politica genovese.
Può darsi che alla lunga sia costretto a pentirmene. I giorni trascorsi mi hanno però confermato nella mia scelta. Dopo l’annuncio in consiglio comunale – penso di poterlo raccontare – sono stato subissato di messaggi da parte delle persone e degli ambienti più diversi. Giovani delle associazioni, militanti di lungo corso, professionisti, consiglieri di circoscrizione, intellettuali. Messaggi di ringraziamento, disponibilità a dare una mano, dichiarazioni di fiducia, inviti a tenere incontri nelle case, a occuparsi anche della politica genovese. Due messaggi mi hanno colpito in particolare, tutti e due firmati da militanti ex diessini: “Aiutaci a ridare onore alla Genova democratica, liberaci da questi mariuoli”; e “Allora vuol dire che in questo partito la questione morale si può ancora affrontare”. Spiegatemi: e io avrei dovuto dire di no?
Nando
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