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Riso amaro e Santa Rita. La vita come optional
Grande esperimento venerdì sera a Vercelli. Come parlare in pubblico al buio e senza microfono. L’ha condotto in prima assoluta il sottoscritto, affrontando il tema “informazione e società”. Dove mi sono accorto che saremo pure nel tempo dei siti e dei blog e delle webcam, ma che se arriva un temporale e va via la luce non hai nemmeno più l’antidiluviano microfono. Se poi questo ti capita dopo che hai perso metà della voce quando Buffon ha parato un rigore inventato (da quel momento, visti i miei fescennini, mi hanno dato tutti del tu…), fai proprio fatica. In ogni caso ho retto la prova eroicamente, cercando di indovinare nella penombra l’attenzione degli astanti. Tutto organizzato dai grillini vercellesi. I quali mi hanno confermato l’immagine che mi sono fatto mediamente (mediamente dico) dei grillini medesimi. Persone vispe, più vispe della norma, informate, e non così antipolitiche da non comprendere le ragioni buone della politica. Nel caso poi si trattava di giovani tutti impegnati a lavorare molte ore al giorno. Il che significa che l’informazione se la sono cercata non perché non avessero altro da fare. Il problema è proprio che c’è troppa gente che di informarsi se ne frega. Anche perché pensa di potere sempre sostituire ai fatti le proprie opinioni.
Di Vercelli, in ogni caso, mi ha colpito un fatto, che non conoscevo. Che la città è tra quelle che hanno le più basse aspettative di vita in tutta Italia. Sia per gli anticrittogamici versati a vagonate nelle risaie, sia per l’inceneritore piazzato nel centro abitato (oltre magari che per la scorie della centrale nucleare -inattiva- di Trino Vercellese). Inceneritore che si avvia a raddoppiare le proprie dimensioni, mentre il comune fa solo un 20 per cento di raccolta differenziata.
Ecco, la vita. Quanto conta la vita delle persone…Sarebbe un bel tema da opposizione. La vita e l’ambiente e le morti differite. La vita e il lavoro e le morti sul momento, in gruppo ormai. La vita e gli immigrati, ripescati cadaveri prima di arrivare o uccisi perché chiedono un aumento (Varese) o per riscuotere l’assicurazione (Verona) dopo che sono arrivati. La vita e la paura della malattia, fomentata per far soldi come alla Santa Rita di Milano; ma non solo lì, se è vero che già dieci anni fa dovetti difendere, anche con due interrogazioni parlamentari, un cardiochirurgo del Fatebenefratelli che denunciava patti tra medici pubblici e cliniche private in “stile Santa Rita”, e che per questo subì ogni tipo di persecuzione. A proposito: siamo davvero sicuri che con questa medicina da pirati il celebre “modello lombardo” non c’entri niente?
P.S. E sempre a proposito, di giornalismo stavolta. Leggo che sarebbe un fiore all’occhiello dell’Espresso la recente inchiesta sulla mafia gialla. Peccato che i due autori abbiano saccheggiato “I Boss di Chinatown” di Giampiero Rossi e Simone Spina (edizioni Melampo, mica una sverza) riuscendo a non citarlo mai! E ancora. Leggo il titolo a tutta pagina della “Gazzetta” dopo Italia-Romania: “Un bel casino”. Ragazzi, se non è degrado questo…Il prossimo sarà: “C…., che gol!”. Giusto? Dai, sotto, è così moderno…
Nando
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