Il ritorno della piazza. Istruzioni per l’uso

Vabbe’, la manifestazione-presidio di oggi mi costringe a saltare a pie’ pari la sconfitta dell’Italia (meritata, nessun patema), la bellissima notte bianca del Conservatorio di Genova (me ne sono andato alle 5 all’albeggiare), l’emozione provata stasera a Broni sentendo parlare al dibattito dov’ero (prima e dopo la partita…) Estela Carlotto, una delle nonne della Plaza de Mayo, roba da intorcinarti le viscere.

Veniamo dunque al presidio di Palazzo di Giustizia a Milano. E alle indicazioni che è utile dare a chi vorrà partecipare, sempre che riesca a leggere per tempo questo post. Primo: portare tanti cartelli fantasiosi, scritti in proprio, evitando gli slogan più ripetitivi, ma salvando quelli che si sono ormai conquistati una loro forza simbolica, che sono cioè fattori di identità condivisa (il celebre “resistere”?).

Secondo: portate le bandiere di partito. Spesso abbiamo preferito evitarle, per non dare un carattere “di partito” a manifestazioni che invece volevamo fossero di  cittadini e basta. In questo caso però la manifestazione nasce anche in modo critico verso i partiti (Pd specialmente) che hanno giurato sulla folgorazione di B. sulla via di Damasco e hanno messo alla berlina l’idea stessa della manifestazione di piazza. Dunque sarà bene,anzi benissimo, far sapere che i militanti non sono d’accordo, che non si sentono per nulla rappresentati da questa linea politica.

Terzo: slogan creativi. Tanti, il più possibile satirici. Magari da “centralizzare” agli organizzatori prima che il presidio entri nel vivo dei piccoli comizi che si susseguiranno.

Quarto: proporre idee per allargare il “Comitato milanese per la legalità”, almeno dal punto di vista degli indirizzari e delle adesioni. Il comitato in effetti è una roba smilzolina, creata in mezz’ora dai militanti piddì (tra cui l’ottantenne Gianfranco Orsini, vedi te chi è più giovane..) che giovedì scorso mi hanno chiesto di metterci la faccia e di aiutarli a scrivere l’appello.

Quinto, ma questo vale per il futuro prossimo. Amici, lasciatemi essere franco. Evitiamo che nascano per decreto movimenti nazionali su questo tema, che poi si mettono a combattere tra loro per la famigerata egemonia, con tanto di sconfessioni, di esclusioni, di gelosie, che hanno già contribuito -e mica poco…- a bruciare le energie dei girotondi. Facciamo dei comitati in tutte le città e diamo vita a un network (qui l’inglese ci sta bene) fra tutte le realtà cittadine. I movimenti nazionali ne saranno la sintesi, il punto d’arrivo. I partiti paralleli non ci servono. Augh, ho detto.  

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